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Anno
2011
Nazione
Iran
Genere
drammatico
Durata
123'
Uscita
21/10/11
distribuzione
SACHER DISTRIBUZIONE |
Regia |
Asghar Farhadi |
Sceneggiatura |
Asghar Farhadi |
Fotografia |
Mahmoud Kalari |
Montaggio |
Hayedeh Safiyari |
Scenografia |
Keyvan Moghadam |
Costumi |
Keyvan Moghadam |
Musica |
- |
Produzione |
Asghar Farhadi |
Interpreti |
Sareh
Bayat,
Sarina Farhadi,
Peyman Moadi,
Babak Karimi,
Ali-Asghar Shahbazi |
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Kafka
in Iran. Sensazione di oppressione, di claustrofobia, di ingiustizia
e che su tutti aleggi un giudice superiore che non permetta
né di capire cosa stia accadendo, né di dare un
senso alle proprie azioni.
Asghar Farhadi dirige un Processo kafkiano in Iran,
aggiungendovi l’umanità e l’amore filiale
che all’autore tedesco mancavano. “Una
separazione” racconta di una vicenda possibile
in qualsiasi parte del mondo – una coppia che si lascia
e come le conseguenze della decisione ricadono sulla figlia
-, ma inserendola in una realtà ‘altra’,
iraniana.
Simin vuole lasciare l'Iran con il marito Nader e la figlia
Termeh: hanno ottenuto il permesso di espatrio. Per Nader, però
è inconcepibile abbandonare il padre malato di Alzheimer
ad un destino di solitudine e morte. La scelta spinge Simil
a chiedere il divorzio; negatogli dal giudice, la moglie torna
a vivere dai genitori. L’undicenne Termeh sceglie di rimanere
col padre, all’apparenza saggio e probo. Per gestire lavoro,
casa, padre malato e figlia, Nader assume una giovane donna,
Razieh, affinché si prenda cura dell’anziano. La
nuova domestica però nasconde di essere incinta e, cosa
ancor più grave, lavora all'insaputa del marito. Un incidente
(davvero involontario?) genera eventi a catena a dir poco claustrofobici,
che tengono lo spettatore inchiodato alla storia, fino alla
conclusione aperta.
Farhadi prende spunto da un evento familiare per parlare della
vita in Iran, in senso più ampio. Probabilmente un modo
semplice ma pratico per aggirare la censura. Del nucleo familiare
sono le donne ad uscirne meglio, nonostante l’Iran sia
una società maschilista e teocratica. La madre dimostra
voglia di conciliare e risolvere una questione in un primo momento
insolubile: il padre viene accusato di omicidio. La piccola
Termeh prima prova amore incondizionato con l’integerrimo
e insicuro padre; poi, nello svolgersi delle due ore del film,
capisce che la verità non è netta, ma necessita
di malleabilità e amore. Questa visione dell’esistenza
è descritta da Farhadi con semplicità, linearità
di riprese e profondità d’espressione negli attori.
Anche qui, come in “About
Elly” (Orso d'argento nel 2009), Farhadi
realizza una sceneggiatura dove la suspence nasce dal quotidiano.
Orso d’Oro al miglior film alla Berlinale del 2011, orso
d’argento alla migliore interpretazione femminile e orso
d’argento alla migliore interpretazione maschile. Premi
meritati che lasciano sperare in un Oscar.
[valentina
venturi] |