The Road to Guantanamo
id.
Regia
Michael Winterbottom, Mat Whitecross
Fotografia
Marcel Zyskind
Montaggio
Michael Winterbottom,
Mat Whitecross
Scenografia
Mark Digby
Fonico
Stuart Wilson
Musica
Harry Escott,
Molly Nyman
Produzione
Lee Thomas, Shahryar Shahbazzadeh
Interpreti
Riz Ahmed, Farhad Harun, Waqar Siddiqui, Arfan Usman
Anno
2006
Genere
drammatico
Nazione
USA
Durata
100'
Distribuzione
Fandango
Uscita
15-09-06

Lunga è la strada che porta a Guantanamo! Parte da Timpton in Inghilterra ed attraversa il Pakistan prima (Karachi) e l’Afghanista poi (Kandahar, Kabul, Konduz). E come in un immenso monopoli, le carte delle probabilità e degli imprevisti si susseguono determinando il destino di Ruhel (19 anni), Asif (19), Shafiq (23) e Monir (22), “i tre di Timpton” come furono chiamati a conclusione della vicenda… tre perché del quarto ragazzo, Monir, gli amici persero ben presto le tracce per sempre…
Il 10 settembre del 2001 la madre di Asif Iqbal torna a casa dopo un viaggio in Pakistan. Ha trovato una ragazza da dare in sposa ad Asif.
Nove giorni dopo Asif parte in direzione del piccolo villaggio nei pressi di Faisalabad nel Punjab dove vive la sua promessa sposa, presto raggiunto dagli amici Ruhel Ahmed, Shafiq Rasul e Monir Ali. I quattro si incontrano a Karachi. Dopo un paio di giorni passati sulle spiagge e nelle sale giochi della città visitano una moschea con Zahid, cugino pachistano di Shafiq. Qui vengono a conoscenza di un progetto di aiuti alle popolazioni del vicino Afghanistan e decidono un po’ per gioco, un po’ per curiosità di partire e vedere con i propri occhi quanto viene loro raccontato.
Sotto gli iniziali bombardamenti americani e l’avanzata dell’Alleanza del Nord contro il regime talebano, i quattro si ritroveranno inconsapevolmente ed ingenuamente prigionieri in un campo di reclutamento talebano. Attaccati e fatti prigionieri dall’Alleanza del Nord, vengono consegnati agli americani. Dopo un primo sommario interrogato, gli viene rasata a zero la testa, fatte indossare delle tute arancioni, incappucciati con cuffie alle orecchie e occhiali da sole sugli occhi. Imbarcati su un cargo militare destinato al campo di detenzione X-Ray, poi Camp Delta nella baia di Guantanamo, sull’isola di Cuba.
Qui inizia un secondo intenso capitolo di questo dramma umano, con la prigionia fatta di celle a cielo aperto sotto un sole cocente, costrizioni fisiche e psicologiche continuate, pressioni di ogni tipo e soprattutto isolamento assoluto dal mondo. Un’isola che non c’è agli occhi del mondo e dell’opinione pubblica che oggi chiede a gran voce la sua chiusura.
Un intenso docu-drama quello realizzato dai registi Michael Winterbotton per la parte fiction e Mat Whitecross per le interviste ai veri protagonisti dell’odissea che puntellano il racconto dando l’aurea di cinema verità. Una storia raccontata attraverso il punto di vista dei tre ragazzi accusati poi si scoprirà ingiustamente, di far parte di Al Qaeda, con macchina da presa a mano, sempre in un movimento instabile a simulare un corpo afflitto da pene inumane, ed una prospettiva a livello terra, quello stesso che erano tenuti a tenere i prigionieri, in ginocchio e sguardo rivolto verso il basso. Una scelta stilistica che facilità l’identificazione dello spettatore con i ragazzi protagonisti, emotivamente coinvolgente che ha permesso ai due autori di vincere a Berlino l’Orso d’Argento per la Miglior Regia.
[fabio melandri]