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Regia
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Laurence Dunmore |
Sceneggiatura |
Stephen
Jeffreys |
Fotografia |
Alexander
Melman |
Montaggio |
Jill
Bilcock |
Musica |
Michael
Nyman |
Interpreti |
Johnny
Depp, John Malkovich, Samatha Morton, Rosamund Pike,
Tom Hollander, Johnny Vegas, Kelly Reilly, Jack Davenport |
Anno |
2005 |
Durata |
110' |
Nazione |
USA |
Genere |
drammatico |
Distribuzione |
Mediafilm
Cinema |
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Ambientato
all’epoca della Restaurazione, un periodo chiave durante
il quale i rapidi progressi nel campo delle scienze, della religione
e delle arti, e la nuova e crescente libertà sessuale
crearono il mondo moderno come lo conosciamo oggi, The
Libertine segue l’ascesa e caduta del Conte di
Rochester. Amico e confidente di Carlo II, il monarca amante
della bella vita il Conte si diletta a satireggiare i reali
inglesi con il suo umorismo sovversivo e a scandalizzare la
buona società londinese con le sue prodezze erotiche,
provando un estremo piacere in tutto quello che riesce a fare.
Ma quando il Conte si innamora di Elizabeth Barry l’attrice
di teatro che lui spera di trasformare nella più grande
stella dell’Inghilterra, la loro relazione e il successivo
tradimento segneranno l’inizio della sua caduta, che passerà
dai fasti e dai lussi dell’alta società agli abissi
della rovina.
The Libertine esibisce la sua voglia
di provocare e sconvolgere le platee attraverso un erotismo
più ostentato nei dialoghi che non attraverso le immagini,
come per esempio un Pasolini, che non aveva timore di mettere
in scena corpi nudi, avrebbe fatto. Un’aurea da film scandalo
che rimane più nelle pagine scritte dal vero Conte di
Rochester come in ‘Soddom and the Quintessence of Debauchery’
che non nella messa in scena del debuttante Laurence Dunmore.
Regista capace comunque, ed è la nota più lieta
del film, di una messa in scena assolutamente realistica ed
originale, con un uso di luci naturali – i set erano pieni
di candele, i cui colori caldi ed avvolgenti venivano schermati
da combinazioni di filtri color cuoio antico, verde giada e
blu, per dare al tutto una sorta di pallore verdastro –
alla Barry Lyndon; con set dominati
da fango e fumo, sporcizia e foschia per rendere al meglio l’Inghilterra
della Restaurazione, caratterizzata da idee radicali, da una
grande libertà sessuale e da un’allegra liberalità
a teatro, nei ricevimenti o nello stile di vita, ma nello stesso
tempo appena emersa dall’oscurità del Medio Evo
e tormentata da epidemie incurabili, superstizioni, povertà
e squallore urbano.
Dunmore, contrariamente a quanto ci si potesse aspettare da
un regista di videoclip e spot pubblicitari, fa un costante
utilizzo di macchina da presa in spalla, con movimenti rapidi
e sincopati ed un uso della messa a fuoco in diretta che vanno
a sostituire il classico montaggio campo-controcampo di molti
dialoghi.
Detto questo, il film risulta nel complesso troppo verboso e
simulato, in una parabola da artista maledetto che non si discosta
troppo dalle tante cine-biografie di cantanti-attori-imprenditori
passate in questi anni sugli schermi, e con un Johnny Depp che
gigioneggia come fosse ancora nelle vesti del Capitano Jack
Sparrow (La Maledizione della prima luna).
Ma d’altra lo stesso ci aveva avvisato, sguardo in macchina,
nel prologo del film: “Non vi piacerò!” Mai
profezia si avverò così rapidamente.
[fabio melandri]
Trailer
originale |
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