Vasto
e complesso è il discorso sulla clonazione umana che
a sospette cadenze fa capolinea sui nostri quotidiani e nei
telegiornali della sera. Dubbi etici, referendum ad hoc ci informano,
talvolta confondono sulla delicata questione della clonazione
che è inevitabile prima o poi avverrà. Il dubbio
risiede solo in chi per primo infrangerà questo tabù,
sempre che non lo sia già stato infranto. La scienza
è alimentata dalla curiosità, ma anche dalla richiesta.
Si possono già far crescere organi umani al di fuori
del corpo, ma cosa succederebbe se si potesse avere un duplicato
esattamente uguale che può darti organi o parti del suo
corpo senza conseguenze evidenti?
Questa inquietante domanda è il perno sul quale si muove
ed evolve l’ultima fatica del regista Michael Bay, autore
di film muscolari e adrenalinici come Bad
Boys, Armageddon e Pearl
Habor.
Alla metà del XXI secolo, Lincoln Sei-Echo (Ewan McGregor)
e Jordan Due-Delta (Scarlett Johansson) vivono in un’area
protetta e la loro vita quotidiana è costantemente monitorata,
come quella di tutti gli altri “residenti”, per
il loro bene.
L’unico modo di uscirne, e l’unica speranza, è
essere scelti per andare sull’Isola, l’ultimo luogo
incontaminato del mondo, dopo il disastro ecologico che ha ucciso
tutti gli abitanti del pianeta… eccetto loro.
Un film che si muove con disinvoltura tra prodotto di puro intrattenimento
ed opera ‘semi-impegnata’ che mira a stimolare una
riflessione su una questione morale, che soprattutto nella prima
parte, ambientata nell’asettico mondo sotterraneo viaggia
pericolosamente tra Gattaca (ambientazione)
e The Truman Show (l’alienazione
da cui il personaggio di McGregor di punto in bianco si astrae)
entrambi scritti da Andrew Niccol che non apparendo in nessuna
forma nei titoli di testa o coda, invitiamo vivamente a citare
la produzione per plagio.
L’ora e mezza successiva è una corsa mozzafiato
tra grattacieli, deserti utilizzando tutti i mezzi possibili
ed immaginabili. Una corsa dal fiato corto perché i lunghi
inseguimenti sebbene arricchiti da spettacolari incidenti automobilistici
vissuti quasi in soggettiva, sono talmente insistiti e reiterati
da fiaccare qualsiasi buona disposizione critica. Aggravante
imperdonabile l’assoluta mancanza di ogni minima traccia
di autoironia ed il prendersi tutto troppo sul serio, anzi serissimo.
Un film spacca-botteghino, costruito per la carriera in rampa
di lancio di Scarlett Johansson – evidentemente il cinema
off e d’autore non paga troppe bollette – e dell’ormai
lanciatissimo dopo la trilogia di Guerre
Stellari Ewan McGregor, di cui coltiviamo invero -ahinoi
- gran nostalgia dei suoi ruoli borderline alla Trainspotting.
[fabio melandri]
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