In
concorso alla 63 edizione della mostra del cinema di Venezia,
il film del Newyorkese Aronofsky, fa discutere e divide la
platea rispettivamente in entusiasti e sdegnati spettatori.
L'albero della vita, porta alla
ribalta una trasposizione della fantascienza assente dagli
schermi ormai da molto tempo; fantascienza che cinematograficamente
ha il suo caposaldo in Solaris
di Andreij Tarkovskij e fumettisticamente ricorda le tavole
dell’Eternauta di Lopez e Oesterheld. Il film narra
della ricerca dell’albero della vita situato, secondo
la Genesi, nel Paradiso Terrestre assieme all’albero
della conoscenza. Il tema straordinariamente avvincente per
le sue implicazioni, morali, filosofiche ed esoteriche si
sviluppa su tre piani temporali diversi che si intrecciano
grazie a continui scatti analettici e prolettici. Thomas Creo
è al contempo il fedele conquistador, leale alla regina
Isabella di Castiglia (finanziatrice della spedizione di Cristoforo
Colombo) incaricato di riportare nella Madrepatria la corteccia
di una pianta originaria della Nuova Spagna che dona l’eterna
longevità, così come lo scienziato che nel tempo
presente cerca, studiando le radici della stessa pianta, la
cura contro il cancro che affligge la moglie Izzi. L’ancestrale
e smaniosa ricerca della vita eterna, viene narrata attraverso
le gesta e i pensieri dei protagonisti di una dolorosa e struggente
parabola amorosa.
Seppur interessante per i significativi risvolti della trama
e tecnicamente per l’utilizzo della macrofotografia
nelle sequenze ambientate nel futuro, L'albero
della vita risulta viziato da molte pecche. Oltre ad
una recitazione non proprio brillante e sbilanciata verso
la protagonista femminile Rachel Weitz, più continua
e convincente della controparte maschile, la visione d’insieme
e la leggibilità dell’opera, come naturale per
un film così altamente complesso, è assai macchinosa.
La parte finale, con il faccia a faccia tra Creo e l’albero
della vita, oscilla in maniera raccapricciante tra l’estremismo
lisergico ed il New Age più bieco. [matteo
burioni]
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