In
un tempo – il 1723 durante il colpo di stato in Korea che spodestò
Gwanghae-gun (15° Re della Dinastia Chosun) – in cui vigeva
la legge del più forte, in cui l’avidità e l’ambizione
incancrenivano i cuori degli uomini, la scelta da compiere era se
vivere con ignominia o morire con onore. Una scelta che si pone di
fronte a Gyu-yeop (Choi Min-soo) e Ji-hwan (Cho Jae-hyun), due compagni
d’armi del corpo scelto della milizia del Sovrano Gwanghae-gun,
denominato Lama di Luna.
Una storia di vendette agli accenti shakespeariani, il cui ritmo,
fondato su una mdp agile e vertiginosa getta lo spettatore al centro
degli eventi tra colpi di stato, omicidi, stragi e combattimenti corpo
a corpo colorati da un rosso emoglubinico, viene rallentato da pesanti
inserti da melodramma classico.
Il fulcro centrale della pellicola risiede nel racconto di una amicizia
virile, tradita da scelte di campo opposte e ricomposta da un salvifico
sacrificio finale. Siamo nel campo del più classico wuxiapan
, asciugato in gran parte dai suoi effetti più estetici (nessun
volo sugli alberi, nessuna passeggiata sull’acqua) puntando
moltissimi sui duelli all’arma bianca, sullo scontro fisico
delle lamine delle spade che provocano lacerazioni, amputazioni di
arti, schizzi di sangue celate per lo più all’occhio
dello spettatore. Un film che punta all’introspezione dei personaggi,
a valori quali l’amore, la giustizia, la vendetta. Se paragonati
a precedenti opere di genere così ricche di effetti spettacolari,
questo Sword in the Moon non può
che deludere le attese, ma non dispiace quest’opera che punta
il suo obiettivo sugli uomini e sul dolore che certe scelte di vita
conseguono, sulla sofferenza di un’amicizia schiacciata dalla
Storia. Oltre 2 anni di lavoro, 3000 figuranti, 300 armature, 50 sciabole
di metallo, 600 sciabole di legno, 150 archi, 850.000 euro il costo
della sola sequenza finale sul “Ponte dei Battelli” sono
i numeri di questo kolossal made in Korea, giunto in Italia grazie
alla Moviemax, casa di distribuzione a cui si deve lo sdoganamento
del cult Donnie Darko.
[fabio melandri]