Superman Returns
id.
Regia
Bryan Singer
Sceneggiatura
Michael Dougherty,
Dan Harris
Fotografia
Newton Thomas Sigel
Montaggio
Elliot Graham,
John Ottman
Costumi
Louise Mingenbach
Musica
John Ottman
Interpreti
Brandon Routh, Kevin Spacey, Kate Bosworth, James Marsden, Parker Posey, Frank Langella, Sam Huntington, Eva Marie Saint
Anno
2006
Durata
154'
Nazione
USA
Genere
fantastico
Distribuzione
Warner Bros
Uscita
1-09-06

“Come possiamo fare a meno di Superman!” questo è il titolo dell’articolo che con il quale Lois Lane ha conquistato il suo primo premio Pulitzer e nato dalla delusione dovuta dall’improvvisa scomparsa di Superman per ben 5 lunghi anni. Durante i quali la vita di Lois e dell’umanità tutta è andata avanti, imparando a convivere con questa ingombrante assenza.
Cosa che avevamo imparato a fare anche noi spettatori orfani delle sue avventure dal 1983 e soprattutto privati del suo interprete originale, prima ridotto su una sedia a rotelle e poi recentemente scomparso, Christopher Reeve. Invece dopo 5 anni, nella finzione cinematografica, e 23 in quella reale, le gesta dell’uomo venuto dallo spazio tentano di rinverdire il mito di quello che sembra più che altro un’operazione di archeologia cinematografica. Sostituito il compianto Reeve con il granitico, inespressivo e sconosciuto Brandon Routh - non che Christopher fosse un campione di sottigliezze espressive e recitative ma la sua figura rientrava nell’area della miticità cinematografica e quindi esentata da qualsiasi giudizio, almeno per una certa generazione – il mondo si trova improvvisamente soggetto ad una nuova minaccia portata dall’autentico e storico nemico giurato di Superman, ovvero Lex Luthor. Un lestofante a cui presta lineamenti e carattere l’immenso Kevin Spacey, che senza dover ricorrere alla nota criptonite, si mangia letteralmente il film in un solo boccone.
La regola del business cinematografico è che meglio ti riesce il villain (il cattivo, l'antagonista), più avvincente e interessante risulta il film. Siamo nel campo della classica eccezione. Tanto è accattivante, magnetico, spiritoso Luthor, tanto risulta noiosa, pedante, confusa la pellicola di Bryan Singer (X-men 1 e 2) che recupera elementi narrativi delle precedenti avventure della saga e del suo spin-off televisivo (seguito, rifacimento, omaggio?) oltre a sviluppare sottotrame dell’inventiva e spessore di una soap-opera che qui non riveleremo per non togliere il piacere (?) a chi non avesse ancora visto il film.
Lo stesso strombazzatissimo cameo del resuscitato Marlon Brando assomiglia più ad una trovata pubblicitaria piuttosto che ad vera esigenza drammaturgia.
Singer cerca di dare nuova linfa vitale al mito, allungando profonde ombre sul personaggio (operazione neanche troppo originale e meglio realizzata da Sam Raimi con il suo Spiderman) ed attribuendogli una malinconia di fondo che nasce dalla duplicità della sua natura. Un essere di un altro mondo allevato come un umano e vi risparmiamo la facile metafora dei clandestini del mondo ed immigrati che vanno a costituire la forza lavoro e quindi la sopravvivenza in paesi lontani ed a volte irriconoscenti.
Superman Returns
abbozza ma non risolve una serie di sottotrame e spunti che diventeranno probabilmente la sostanza degli inevitabili episodi che succederanno al presente, ma quello che avremmo più curiosità di vedere, probabilmente non verrà mai girato: lo spin-off con protagonista assoluto il Lex Luthor di Spacey. Il nostro augurio è che il mondo cinematografico non abbia più bisogno di Superman, ma questo solo gli incassi ce lo potranno dire!
[fabio melandri]