In missione
per conto di Dio. Lui è Ignacho, figlio di una missionaria
scandinava e di un diacono messicano che tentarono inutilmente
di convertirsi a vicenda per finire sposi. Cresciuto nello
stesso orfanotrofio dove ora adulto cucina i pasti per i suoi
ospiti, ha un sogno segreto nel cassetto: la lotta. Così
quando le ristrettezze economiche del convento spingono ad
aguzzare l'ingegno per sopravvivere, il frate decide che se
le vie del signore sono infinite, una di queste passa direttamente
dal ring.
Maschera azzurro cielo, pantaloni attillatissimi dello stesso
colore con toppe di un rosso purpureo, una pancia debordante,
Nacho inizia a calcare i ring di mezzo stato, il Messico,
in compagnia del suo compagno di sventura Esqueleto (lo scheletro)
collezionando sconfitte su sconfitte, disastri su disastri
ad opera di lottatori più o meno professionisti, donne
ed anziani. Ma sicome nella giostra della lotta tutti alla
fine vincono, Nacho riesce comunque a procacciarsi quel tanto
che basta per tirare avanti al convento. Ma il desiderio di
vincere almeno una volta, è un tarlo difficile da tacitare...
A metà strada tra il fumetto ed i film alla Rocky Balboa,
Super Nacho vive dell'istrionismo a volte esagerato del suo
protagonista Jack Black. Ma Black, nonostante ricordi fisicamente
e per certe mimiche corporali il grande John Belushi, è
privo di quel volgare non so chè che rese quest'ultimo
un icona della trasgressione cinematografica.
Un film one-man-show
che si segnala per la spettacolarità delle scene di
combattimento della Lucha Libre, un mix di acrobatica, circo
e wrestling professionale come lo conosciamo in America, ma
che nonostante la direzione dell'indipendente Jared Hess (Napoleon
Dynamite) fatica a decollare ed ad avvincere quel tanto per
arrivare alla fine della proiezione senza uno sbadiglio.
[fabio melandri]
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