Lasciate
ogni speranza voi che entrate in una sala cinematografica
che proietta Stay Alive! Più
che restare vivi, è già un gran successo rimaner
desti e vigili, pronti a scattare verso l'uscita di sicurezza
non appena il torpore che vi avvolgerà ve lo permette.
Zero sceneggiatura, zero recitazione, zero tensione, sangue
pochino e neanche nudità a soddisfare le nostre più
primitive e basse pulsioni. Neanche le uccisioni, così
copiose ma asettiche nella loro messa in scena, riescono a
salvare un film, nato stanco.
Dopo la morte di un ragazzo, alcuni suoi amici si ritrovano
in possesso di “Stay Alive”, un videogioco online
basato sulle gesta poco ortodosse di una nobildonna del diciassettesimo
secolo, chiamata La Contessa Sanguinaria. Ben presto si accorgeranno
però che non si tratta di un normale gioco come tanti
altri, perché se moriranno nel gioco, ecco che la loro
fin fatale si manifesterà nella vita reale secondo
le medesime modalità del video-game.
Direte voi: facile a questo punto ingannare la morte ed evitare
il fatal destino, conoscendolo prima.
Già, ma non per i nostri presunti eroi, capaci di fare
immancabilmente la cosa sbagliata nel momento sbagliato, nel
modo sbagliatissimo. Snodi narrativi che il termine “forzati”
non rende appieno, idiozia di fondo che regna sovrana in ogni
azione dei protagonisti, telefonatissimi colpi di scena (?)
sono solo parte degli errori/orrori della pellicola diretta
dal semi-debuttante William Brent Bell che torna alla regia
a 9 anni - e una ragione ci sarà pure - dal suo primo
lungometraggio, la commedia Sparkle
and Charm.
Il cast di estrazione televisiva, e speriamo ivi confinato
in futuro, vede nei ruoli principali i classici bellocci e
sciocchi ragazzi americani, carne fresca da macello Jon Foster
(Law and Order), Samarie Armstrong (Party of five, ER, X Files,
NYPD Blue, OC), Sophia Bush (Nip/Tuck), Frankie Muniz (Malcom)
e Adam Goldberg (Joey, Friends, Will & Grace, NYPD Blue,
ER) naturalmente tutti in ruoli marginali.
Sgombriamo il campo da idee errate. Non siamo nel campo della
contaminazione cinema-videogioco, incontro ravvicinato del
terzo tipo che ha originato capolavori (?, si noti l'ironia
del termine) come Resident Evil,
Lara Croft, Mortal
Kombat o Alone in The Dark.
Il videogioco è qui un mero ed assai debole spunto
narrativo che finisce per cannibalizzare l’intera pellicola
sia nella messa in scena che nella drammaturgia (0 psicologia,
100% pura e semplice azione). Siamo in pieno cinema post-moderno
nel senso più degenerativo del termine, in cui la fredda
immagine digitale prende il sopravvento ed annulla la calda
immagine cinematografica fatta di celluloide. [fabio
melandri]
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