"Lui
diceva che la situazione poteva surriscaldarsi e diventare
pesante. Io gli ho detto di stare tranquillo, perchè
ho due delle puttane più focose e pesanti che si siano."
Loretta Wyman, Broker di Assassini
Il genere
pulp nacque nei primi anni '20 con storie pubblicate a puntate
su riviste (le cosiddette Pulp magazine) di 128 pagine dalle
sfolgoranti copertine ma con le pagine interne stampate su
carta non rifilata di polpa di legno (in inglese pulp), quindi
di infima qualità. Contenevano storie avventurose,
fantastiche e ricche di suspense, spesso con protagonisti
mascherati, ma quasi sempre con donne sensuali ritratte in
copertina.
Lo stile letterario, dato che gli autori erano pagati un tanto
a parola, era spesso ridondante di aggettivi e avverbi, dando
vita a una narrazione sontuosa, diventata marchio di fabbrica
del genere. Oggi il senso della parola pulp ha esteso il suo
significato, in particolar modo dopo l'uscita nel 1994 del
film Pulp Fiction di Quentin
Tarantino, indicando tutto ciò che propone contenuti
forti, che abbondano di crimini violenti ed efferatezze.
Alla luce di questa piccola cronistoria del genere, Smokin’
Aces rientra nei parametri sopra esposti tale da annoverarlo
come un film di genere pulp post-moderno. La struttura narrativa
ed i personaggi in campo sono esemplificativi da questo punto
di vista.
L’ex illusionista ed oggi gangster Buddy Aces Israel,
cresciuto con poca furbizia nel mondo delle bische, dei giocatori
d’azzardo, di killers e teppisti, è in procinto
di fare il salto della quaglia. E’ disposto a tutto
pur di vendere full optional alle forze dell’ordine
la sua intera organizzazione. Tanto più che il Padrino
e suo ex-benefattore Primo Sbarazza, ha messo una taglia di
un milione di dollari a chi strapperà il cuore all’ingrato
picciotto.
Una schiera di killers famelici – dal torturatore Acosta
al maestro dei travestimenti Lazlo Scot, dai fratelli psicopatici
e neo-nazista Tremor alle letali pantere nere Georgia Sykes
e Sharice Watters - cacciatori di taglie, garanti per cauzioni,
FBI ed agenti di polizia, si metteranno sulle tracce dell’infame
convergendo tutti nel bunker in cui si è rifugiato:
la suite presidenziale del casinò Nomad a Lake Tahoe,
Nevada. E il sangue inizierà a scorrere a fiumi.
Il regista e sceneggiatore Joe Carnahan, mette in scena una
giostra impazzita di personaggi che come schegge impazzite
di un piano assai più grande di loro e di cui nessuno
conosce fino in fondo le sue implicazioni, convergono tutti
inserabilmente verso un unico punto, la suite presidenziali,
attratti come le forze centripete di un tornado dal personaggio
deus ex-machina della vicenda, Aces, per deflagare in un turbine
di corpi smembrati, sangue a volontà, budella rovesciate.
Il tutto in una confezione ‘piaciona’ che guarda
al fumetto nella bidimensionalità dei personaggi e
semplicità della risoluzione degli eventi, alla letteratura
pulp nei dialoghi e nella commistione di generi diversi, a
Tarantino per la violenza grottesca ed iper-realistica in
cui ci immerge.
Il tutto condito da un cast assai variegato capace di miscelare
star del panorama hollywoodiano come Ben Affleck, Andy Garcia
e Ray Liotta a giovani emergenti come Ryan Reynolds, Jeremy
Piven insieme al debutto sul grande schermo della cantante
Alicia Keys. Nel caldo afoso di questa estate, una buona ragione
per chiudersi al fresco di una sala cinematografica, per 100
adrenalitici minuti di non-sense, demenza e divertimento allo
stato puro. [fabio melandri]
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