Signorinaeffe
id.
Regia
Wilma Labate
Sceneggiatura
Domenico Starnone, Wilma Labate, Carla Vangelista
Fotografia
Fabio Zamarion
Montaggio
Francesca Calvelli
Scenografia
Gian Maria Cau
Costumi
Nicoletta Taranta
Musica
Pasquale Catalano
Interpreti
Filippo Timi, Valeria Solarino, Sabrina Impacciatore, Fausto Paravidino, Clara Bindi,
Gaetano Bruno, Luca Cusani, Marco Fubini, Giorgio Colangeli, Fabrizio Gifuni
Produzione
BIANCAFILM in collaborazione con RAICINEMA
Anno
2007
Nazione
Italia
Genere
drammatico
Durata
95'
Distribuzione
01 Distribution
Uscita
18-01-2008
Giudizio
Media

“Raccontare una donna a tutto tondo era un’urgenza sentita da sempre, puntare sul fascino di un’identità contraddittoria e autentica, mettere in scena il desiderio di vivere la passione senza indecisioni e di affrontare le conseguenze fino alla sconfitta finale”.
Queste le premesse della regista Labate, ma purtroppo in gran parte rimaste incompiute. Signorinaeffe è un film che potrebbe dare molto, che avrebbe potuto coinvolgere lo spettatore, farlo tornare indietro nel tempo, agli anni Ottanta, quando gli operai avevano ancora un peso nella società e quando era possibile appassionarsi durante il discorso di un politico. Ma è un’operazione del cuore, che non ha trovato le chiavi per trasformarsi in un lungometraggio credibile.
La pellicola numero sei dell’autrice del testo La mia generazione tratta di una famiglia, quella dei Martano. Padre operaio di origine meridionale, trapiantato a Torino: in casa ci sono due figlie (Emma e Magda), lo scapestrato Peppino (Gaetano Bruno), mamma e nonna. Siamo nel 1980, per la precisione settembre. Nello stabilimento Fiat di Torino stanno per licenziare quindicimila operai. Oltre a loro, vi lavorano i quadri dirigenziali e i dipendenti di un settore nuovo: quello informatico. È qui che Emma (Valeria Solarino, bella ma non ancora matura né credibile per un ruolo così impegnativo) ha la sua scrivania, è lei il vanto della famiglia Martano: sta per laurearsi in matematica, è fidanzata con Silvio (Fabrizio Gifuni), un ingegnere vedovo ed ha un posto sicuro. Le fatiche dell’intera famiglia, le nottate del padre Ciro (Giorgio Colangeli, perfetto nella parte del padre anziano e desideroso di rivalsa) chino a fare i conti, visto che “dignità e salute so’ chiacchiere sindacaliste”, potranno finalmente avere una rivalsa.
Ma arriva Sergio, un Filippo Timi che sul grande schermo ancora non riesce ad esprime le amplissime capacità recitative che gli appartengono, un giovane operaio passionale, un militante ancora non domato dalle regole della società.
In fabbrica inizia un lungo, durissimo sciopero della durata di 37 giorni. In questo lasso di tempo si consumano il destino degli operai italiani e la storia tra Sergio ed Emma. La conclusione sarà negativa per entrambi. I giovani amanti dopo un’iniziale unione, si lasceranno, per poi ritrovarsi nel 2007, all’uscita del Lingotto, trasformato in centro commerciale: lei oramai donna borghese, lui autista di taxi.
Dall’altra parte la marcia dei quarantamila colletti bianchi contro i picchetti chiuderà il capitolo della lotta sindacale. Un’epoca si conclude, cancellando speranze, un’altra si apre senza promettere, per i più, niente di buono.
Nell’insieme rimane un film ricco di buoni propositi, ma senza alcun riscontro. Le uniche immagini coinvolgenti risultano quelle di repertorio, come le parole di Enrico Berlinguer… Un peccato, visto che non si presenta come un documentario. [valentina venturi]