Viaggiare
a fari spenti nella notte per vedere quanto è facile
morire… E' la geniale idea che balena nella mente ottenebrata
dall'alcool e dal testosterone di Chris Pratt, promettente
atleta di hockey sul ghiaccio, una famiglia facoltosa alle
spalle, stimato ed invidiato da tutti.
La sua vita perfetta va improvvisamente
in pezzi, frantumandosi in miriade di frammenti e schegge
impazzite che si portano via tra le altre cose la vita di
due suoi amici. Assolto dalla legge umana, meno dalla propria
coscienza.
A quattro anni dall’incidente, il suo corpo ci/gli ricorda
la sera in cui la sua vita cambiò, contrariamente a
quanto tenta di fare il suo cervello, costruendo un muro contro
il dolore ed il ricordo fatto di disturbi della personalità
ed una memoria che si accende e spegne come le intermittenze
delle luci natalizie.
Affiancato dal saggio ed orgoglioso non vedente Lewis, Chris
cerca di rimettere in sesto la propria vita, di costruirsi
un nuovo modo di relazionarsi con il mondo esterno. E l’incontro
con una feroce e sanguinaria banda di criminali sarà
il grimaldello per scardinare quella porta chiusa che si affaccia
sul futuro.
Scritto e diretto dall’esordiente Scott Frank, sceneggiatore
di Out of Sight, Get
Shorty, Minority Report,
The Interpreter, con protagonista
Joseph Gordon-Levitt una sorta di Keanu Reeves più
acerbo ma fisicamente molto somigliante ed interprete emergente
già visto nell’invisibile Mysteriuos
Skin di Araki e Halloween H20
di Steve Miner, Sguardo nel vuoto
è uno di quei film che meritano una visione partecipe
e partecipata anche in questi giorni di inizio estate, per
la solidità della sceneggiatura, dialoghi accattivanti
ed una regia lineare, geometrica, pulita, attenta più
alla messa in scena che non a colpire lo spettatore con inutili
artifici estetici.
Irriconoscibile Jeff Daniels nelle vesti del non vedente Lewis,
che come un novello Caronte aiuta il protagonista ad attraversare
il guado che separa la vecchia vita dalla consapevolezza della
nuova; una vita che nonostante l’handicap più
psicologico che fisico, vale la pena di essere vissuta.
Tra tanti saldi di magazzino, un’opera capace comunque
di rendersi interessante per i 100 minuti scarsi della sua
durata, nonostante un finale forzatamente lieve e consolatorio.
[fabio melandri]
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