Seven Swords
Qi Jian
Regia
Tsui Hark
Sceneggiatura
Tsui Hark, Cheung Chi-Sing,
Chun Tin Nam
Fotografia
Keung Kwok-Man
Montaggio
Angie Lam
Musica
Kenji Kawai
Interpreti
Donnie Yen, Leon Lai, Charlie Young, Honglei Sun,
Yi Lu, So Yeun Kim, Kar-leung Lau
Anno
2005
Durata
144'
Nazione
Hong Kong
Genere
avventura
Distribuzione
Medusa Film
Cina, 1660. La dinastia imperiale Qing emette un editto che proibisce lo studio e la pratica delle arti marziali per mantenere ordine e controllo. Vento di fuoco pensa di sfruttare a suo favore questa situazione contribuendo a far rispettare la nuova legge. Vento di fuoco intende distruggere l'ultimo baluardo delle arti marziali, il lontano “Villaggio Marziale”, famoso per la sua tenace fierezza.
Fu Qingzhu, ex boia del regime precedente, vuole salvare a tutti i costi il villaggio e convince Wu Yuanyin e Han Zhibang ad andare con lui sul monte Tianshan dal maestro Riverbero d'ombra. Il maestro decide di aiutarli e ordina a quattro dei suoi migliori discepoli (Chu Zhaonan, Yang Yunchong, Mulang e Xin Longzi) di unirsi al resto del gruppo. Affida a ciascuno una spada ed ha inizio così la leggenda delle “Sette spade”…
Dopo l’enorme successo di La tigre e il dragone nel 2000 i film sulle arti marziali, il cosiddetto genere “wuxia”in cinese, sono diventati un nuovo fenomeno cinematografico che ha conquistato il pubblico di tutto il mondo e i film di questo tipo si sono moltiplicati a vista d’occhio.
Per Tsui Hark il genere wuxia ha bisogno di cambiamenti e il suo Seven swords segna un nuovo inizio per il genere “cappa e spada”. Gli eroi che siamo abituati a vedere sullo schermo sono troppo eroi per risultare davvero credibili e alla fine risultano quasi ridicoli. Per questo motivo Hark ha preferito apportare delle modifiche alla narrazione. C’è più realismo nonostante si tratti come tutti i wuxia di una storia immaginaria. L’eroe è in mezzo a noi, è uno di noi, con le sue debolezze e i suoi limiti, ma pieno di senso di giustizia e di coraggio.
Più umanità dunque e meno spettacolarizzazione. I combattimenti ci sono ma meno invasivi e meno mirabolanti. Un wuxia controtendenza se vogliamo nato proprio dalla necessità di rielaborare un genere giunto forse a saturazione.
Tratto dal famoso classico di Liang Yu-Shen “Seven swords of Mount Heaven”, sceneggiato dal regista con Cheung Chi-Sing e Chun Tin Nam, è un film epico, recitato in cinese, mandarino e coreano, che unisce la cultura delle arti marziali al senso di eroismo, di amore e di virtù tipici della cultura orientale con l’aggiunta dell’affascinante arte della spada che dà vita ad un legame speciale tra uomo e arma, creando un’identità a parte e infondendo ad una lama una sua vita e un suo spirito.
[marco catola]