Mark O'Brien
poeta e scrittore costretto a vivere dentro un polmone d'acciaio
(aveva un'autonomia di sole 3/4 ore al di fuori) dall'età
di 7 anni causa poliomelite fino alla morte sopravvenuta a
52 dopo aver amato ed esser stato amato da tre donne, tutte
presenti al suo funerale.
La sua storia è oggi raccontata sullo schermo nella
pellicola The Sessions;
o meglio una parte della sua storia, un aspetto che solitamente
viene elegantemente ignorato o eluso con ellissi più
o meno riuscite: il sesso e la disabilità.
Si perchè le pulsioni
basiche dell'essere umano, ed il sesso rientra in queste,
non sono precluse alle persone portatrici di più o
meno forti disabilità motorie. E' nota la storia recente
in Italia, raccontata dallo stesso protagonista nel libro
Apnea (edizioni
Fandango), di Lorenzo Amurri che vittima di un incidente sciistico,
rimasto paralizzato dal collo in giù racconta di un
sesso mentale appagante, completo, profondo come è
più di quello fisico.
Mark O'Brien, ricerca
l'amore ma sopratutto il sesso, prigioniero di un corpo sensibile
agli input esterni, ma incapace di controllarli, convogliarli
nella giusta direzione. Ed è così che con l'approvazione
di un prete/confessore decide di rivolgersi ad una terapista
sessuale.
The Sessions,
racconta appunto le sedute sessuali a cui O'Brien (un magnifico
John Hawkes) si sottopone con l'aiuto della terapista Helen
Hunt, con lo scopo di riappropriarsi di un corpo di cui non
ci si sente più padrone. E se il sesso è principalmente
fisicità, l'amore è tutto un fatto mentale.
Il film, sotto la regia
accorta e discreta di Ben Lewin, tratta entrambi gli aspetti
(sesso e amore) con la medesima efficacia narrativa, non scadendo
in pruriginose visioni per il primo ed in passaggi stereotipati
per il secondo. Ne esce una storia lieve, in cui gli eventi
procedono come piume mosse dal vento; nessuna volontà
di scandalizzare, nessun intento emozionalmente ricattatorio.
Un elementare inno alla vita, vissuta nella sua pienezza che
dovrebbe far riflettere e molto le persone “fisicamente”
normali.
[fabio melandri]