“Una
borsa di pelle… 60 dollari;
un cellulare Nokia… 100 dollari;
una goccia di sintex… 500 dollari.
Liberarsi di un poliziotto corrotto di merda… non ha
prezzo!”
Joey Gazelle
vive da dieci anni sul filo del rasoio in bilico tra l’essere
un padre amorevole in famiglia ed un sanguinario killer della
mafia italiana sul lavoro. Ma come ben sa chi frequenta le
pellicole di genere, i due nuclei familiari benché
gli sforzi che si possano compiere per evitarlo, sono destinati
ad incontrarsi, scontrarsi e talvolta contaminarsi. Qui siamo
in tutti e tre i campi di azione.
Sì, perché quando il tuo compito è far
sparire delle pistole fumanti e ti porti il lavoro a casa,
bè è chiaro che i problemi te li vai a cercare.
In particolar modo se hai un figlio ficcanaso con l’amichetto
con seri problemi familiari a carico (un padre-padrone violento
e fan sfegatato di John Wayne; una madre ex prostituta, salvata
dalla strada ed ora schiava del suo salvatore) mezzo imparentato
con la mafia russa.
Una pistola che scotta troppo, un ragazzino in fuga da due
famiglie mafiose, una banda di poliziotti corrotti uccisi
durante un losco affare... insomma la situazione, lo avrete
capito, è tutt'altro che facile.
Questo l’adrenalitico plot di Running,
una corsa sulla montagne russe a ritmi vertiginosi, messa
in scena con uno stile barocco, ellittico ad alto contributo
di sangue dal regista e sceneggiatore Wayne Kramer (The
Cooler). Se il cinema è immagine e dinamismo,
Running custodisce in se il DNA
archetipico di quest'arte, in una costruzione ridondante della
narrazione fatta di continui flash-forward, ed in una tendenza
a frammentare la medesima azione in molteplici punti di vista
contemporaneamente presenti nella medesima inquadratura, senza
affidarsi al classico e pensionabile artifizio dello spleet-screen
(divisione dello schermo in due o più parti).
Il film a livello di intreccio non presenta elementi di particolare
originalità. Incipit ed epilogo coincidono come in
molte pellicole post-tarantino; costruisce un Mcguffin semplice
e primordiale – la famosa pistola fumante caduta nelle
mani sbagliate e da recuperare nel giro di poche ore –
intorno al quale gira un debordante Tutto
in una notte con personaggi e dialoghi pulp tanto quanto
basta per attirare nelle sale orde di ragazzini.
Se lo stile non è tutto in un’opera filmica,
qui siamo dalle parti dell’eccezione. Ritmo indiavolato
e violenza estrema segnano la traccia da seguire per un film
da gustare per l’appunto tutto di corsa. Attenzione
però alla digestione.
[fabio melandri]