Running
Running Scared
Regia

Wayne Kramer

Sceneggiatura
Wayne Kramer
Fotografia

James Whitaker

Montaggio
Arthur Coburn
Musica
Mark Isham
Interpreti
Paul Walker, Cameron Bright, Alex Neuberger, Vera Farmiga, Johnny Messner, Michael Cudlits, Chazz Palminteri, Arthur Nascarella
Anno
2005
Durata
121'
Nazione
USA
Genere
thriller
Distribuzione
Warner Bros

Una borsa di pelle… 60 dollari;
un cellulare Nokia… 100 dollari;
una goccia di sintex… 500 dollari.
Liberarsi di un poliziotto corrotto di merda… non ha prezzo!

Joey Gazelle vive da dieci anni sul filo del rasoio in bilico tra l’essere un padre amorevole in famiglia ed un sanguinario killer della mafia italiana sul lavoro. Ma come ben sa chi frequenta le pellicole di genere, i due nuclei familiari benché gli sforzi che si possano compiere per evitarlo, sono destinati ad incontrarsi, scontrarsi e talvolta contaminarsi. Qui siamo in tutti e tre i campi di azione.
Sì, perché quando il tuo compito è far sparire delle pistole fumanti e ti porti il lavoro a casa, bè è chiaro che i problemi te li vai a cercare. In particolar modo se hai un figlio ficcanaso con l’amichetto con seri problemi familiari a carico (un padre-padrone violento e fan sfegatato di John Wayne; una madre ex prostituta, salvata dalla strada ed ora schiava del suo salvatore) mezzo imparentato con la mafia russa.
Una pistola che scotta troppo, un ragazzino in fuga da due famiglie mafiose, una banda di poliziotti corrotti uccisi durante un losco affare... insomma la situazione, lo avrete capito, è tutt'altro che facile.
Questo l’adrenalitico plot di Running, una corsa sulla montagne russe a ritmi vertiginosi, messa in scena con uno stile barocco, ellittico ad alto contributo di sangue dal regista e sceneggiatore Wayne Kramer (The Cooler). Se il cinema è immagine e dinamismo, Running custodisce in se il DNA archetipico di quest'arte, in una costruzione ridondante della narrazione fatta di continui flash-forward, ed in una tendenza a frammentare la medesima azione in molteplici punti di vista contemporaneamente presenti nella medesima inquadratura, senza affidarsi al classico e pensionabile artifizio dello spleet-screen (divisione dello schermo in due o più parti).
Il film a livello di intreccio non presenta elementi di particolare originalità. Incipit ed epilogo coincidono come in molte pellicole post-tarantino; costruisce un Mcguffin semplice e primordiale – la famosa pistola fumante caduta nelle mani sbagliate e da recuperare nel giro di poche ore – intorno al quale gira un debordante Tutto in una notte con personaggi e dialoghi pulp tanto quanto basta per attirare nelle sale orde di ragazzini.
Se lo stile non è tutto in un’opera filmica, qui siamo dalle parti dell’eccezione. Ritmo indiavolato e violenza estrema segnano la traccia da seguire per un film da gustare per l’appunto tutto di corsa. Attenzione però alla digestione.
[fabio melandri]