Romanzo criminale
id.an
Regia
Michele Placido
Sceneggiatura
Stefano Rulli,
Sandro Petraglia,
Giancarlo De Cataldo
Fotografia
Luca Bigazzi
Montaggio
Esmeralda Calabria
Musica
Paolo Buonvino
Interpreti
Kim Rossi Stuart, Anna Mouglalis, Pierfrancesco Favino, Claudio Santamaria, Stefano Accorsi, Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Toni Bertorelli, Antonello Fassari, Gianmarco Tognazzi, Francesco Venditti
Anno
2005
Durata
145'
Nazione
Italia
Genere
poliziesco
Distribuzione
Warner Bros
Il Libanese (Pierfrancesco Favino) coltiva sogni di riscatto sociale, adora i grandi dittatori del passato, pensa in grande, è un capo nato e riconosciuto. Il suo sogno? Conquistare Roma come un Imperatore.
Il Freddo (Kim Rossi Stuart) distaccato e taciturno, viene da una famiglia per bene ed il suo sogno è una vita agiata e normale.
Il Dandi (Claudio Santamaria) è un simpaticone, uno che spara battute che sdrammatizzano le situazioni più dure, uno che vuole disperatamente imparare a vivere da signore. Il suo sogno? Ripulirsi, andare a vivere in una di quelle belle case eleganti dove sua madre, un tempo, faceva la serva. Ha un solo punto debole, Patrizia.
Il Nero (Ricardo Scamarcio) è bello e gelido. Disdegna le emozioni, considera la pietà un sentimento vile, disprezza il senso comune. Non accetta legami, né con le vittime né con i carnefici. Il Nero cerca nella strada l’Idea. Ma l’Idea non è che azione. L’azione che ti arricchisce di una nuova esperienza.
Questa l’ossatura della banda di criminali ispirata alla Banda della Magliana che terrorizzò Roma e l’Italia intera tra il 1977 ed il 1992, le cui gesta malavitose incrociarono molti degli eventi più drammatici che segnarono l’Italia. Un gruppo di ragazzi di strada che scelsero invece di un lavoro la via più facile e rischiosa della malavita arrivando in poco tempo a controllare il mercato della droga e della prostituzione nella Capitale, diventando un serio interlocutore per Mafia e pezzi deviati e non dello Stato.
Un gruppo incentrato su un patto di ferro che legò i destini di quattro amici, ed è proprio il tema dell’amicizia costruita, tradita e poi violata a risaltare in questa intensa opera di Michele Placido. Legami minati dall’intrusione dei due personaggi femminili, elementi portanti e scatenanti delle azioni incentrate su un tessuto narrativo maschile e maschilista. Patrizia (Anna Mouglalis) la donna acquistata al Dandi che si lascia circuire dall’ambizioso Commissario di Polizia Scialoja (Stefano Accorsi) un uomo che da la caccia a prede che in fondo invidia e l’ingenua Roberta (Jasmine Trinca) che riesce a conquistare il cuore e la mente del Freddo grazie all'emozione di un Caravaggio.
Su queste relazioni, Placido costruisce un intenso film d’azione capace di parlare per “primi piani”, un poliziesco umanista interessato più al lato personale dei suoi protagonisti che non alle gesta evocate e messe in scena sullo sfondo di eventi che segnarono la storia italica degli ultimi 30 anni (dall’omicidio Moro alla strage di Bologna, dall’attentato al Papa alla vittoria italiana dei Mondiali di Calcio in Spagna). Girato con prevalenza di macchina a mano in puro stile Anni Settanta, coadiuvato da un cast perfetto ed in stato di grazia – nessuno escluso, dalle menzioni speciali per Rossi Stuart e Favino sino ai ruoli secondari di Riccardo Scamarcio, Antonello Fassari e Gianmarco Tognazzi – Romanzo criminale mira a rileggere un pezzo della nostra storia dall’ottica di una banda criminale.
Ispirato all’omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo, sceneggiato dalla coppia d’oro del cinema civile italiano, Rulli e Petraglia, è un’opera inusuale per il panorama del cinema italiano, almeno recente, e se un difetto bisogna trovarlo è nel rischio di essere troppo accondiscendente nei confronti dei criminali, esaltandone troopo l’umanità – aspetto lodevole e coraggioso – e trascurandone l’efferatezza, mentre sullo Stato e sui suoi pezzi deviati viene gettata una luce giustamente opaca ed ambigua che potrebbe dare origine ad uno spin-off avvincente e di sicuro interesse.
Placido quando abbandona le artificiali quanto artificiose aspirazioni poetiche (vedi Un viaggio chiamato amore e Ovunque sei) riesce ad essere misuratamente equilibrato nell’esposizione degli eventi, anche se in alcuni passaggi i dialoghi strabordano un poco, ed a concentrarsi sulla direzione di attori che si avverte quanto abbiano amato e lavorato su questi ruoli.
[fabio melandri]