Il
Libanese (Pierfrancesco Favino) coltiva sogni di riscatto sociale,
adora i grandi dittatori del passato, pensa in grande, è
un capo nato e riconosciuto. Il suo sogno? Conquistare Roma
come un Imperatore.
Il Freddo (Kim Rossi Stuart) distaccato e taciturno, viene da
una famiglia per bene ed il suo sogno è una vita agiata
e normale.
Il Dandi (Claudio Santamaria) è un simpaticone, uno che
spara battute che sdrammatizzano le situazioni più dure,
uno che vuole disperatamente imparare a vivere da signore. Il
suo sogno? Ripulirsi, andare a vivere in una di quelle belle
case eleganti dove sua madre, un tempo, faceva la serva. Ha
un solo punto debole, Patrizia.
Il Nero (Ricardo Scamarcio) è bello e gelido. Disdegna
le emozioni, considera la pietà un sentimento vile, disprezza
il senso comune. Non accetta legami, né con le vittime
né con i carnefici. Il Nero cerca nella strada l’Idea.
Ma l’Idea non è che azione. L’azione che
ti arricchisce di una nuova esperienza.
Questa l’ossatura della banda di criminali ispirata alla
Banda della Magliana che terrorizzò Roma e l’Italia
intera tra il 1977 ed il 1992, le cui gesta malavitose incrociarono
molti degli eventi più drammatici che segnarono l’Italia.
Un gruppo di ragazzi di strada che scelsero invece di un lavoro
la via più facile e rischiosa della malavita arrivando
in poco tempo a controllare il mercato della droga e della prostituzione
nella Capitale, diventando un serio interlocutore per Mafia
e pezzi deviati e non dello Stato.
Un gruppo incentrato su un patto di ferro che legò i
destini di quattro amici, ed è proprio il tema dell’amicizia
costruita, tradita e poi violata a risaltare in questa intensa
opera di Michele Placido. Legami minati dall’intrusione
dei due personaggi femminili, elementi portanti e scatenanti
delle azioni incentrate su un tessuto narrativo maschile e maschilista.
Patrizia (Anna Mouglalis) la donna acquistata al Dandi che si
lascia circuire dall’ambizioso Commissario di Polizia
Scialoja (Stefano Accorsi) un uomo che da la caccia a prede
che in fondo invidia e l’ingenua Roberta (Jasmine Trinca)
che riesce a conquistare il cuore e la mente del Freddo grazie
all'emozione di un Caravaggio.
Su queste relazioni, Placido costruisce un intenso film d’azione
capace di parlare per “primi piani”, un poliziesco
umanista interessato più al lato personale dei suoi protagonisti
che non alle gesta evocate e messe in scena sullo sfondo di
eventi che segnarono la storia italica degli ultimi 30 anni
(dall’omicidio Moro alla strage di Bologna, dall’attentato
al Papa alla vittoria italiana dei Mondiali di Calcio in Spagna).
Girato con prevalenza di macchina a mano in puro stile Anni
Settanta, coadiuvato da un cast perfetto ed in stato di grazia
– nessuno escluso, dalle menzioni speciali per Rossi Stuart
e Favino sino ai ruoli secondari di Riccardo Scamarcio, Antonello
Fassari e Gianmarco Tognazzi – Romanzo
criminale mira a rileggere un pezzo della nostra storia
dall’ottica di una banda criminale.
Ispirato all’omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo,
sceneggiato dalla coppia d’oro del cinema civile italiano,
Rulli e Petraglia, è un’opera inusuale per il panorama
del cinema italiano, almeno recente, e se un difetto bisogna
trovarlo è nel rischio di essere troppo accondiscendente
nei confronti dei criminali, esaltandone troopo l’umanità
– aspetto lodevole e coraggioso – e trascurandone
l’efferatezza, mentre sullo Stato e sui suoi pezzi deviati
viene gettata una luce giustamente opaca ed ambigua che potrebbe
dare origine ad uno spin-off avvincente e di sicuro interesse.
Placido quando abbandona le artificiali quanto artificiose aspirazioni
poetiche (vedi Un viaggio chiamato amore
e Ovunque sei) riesce ad essere
misuratamente equilibrato nell’esposizione degli eventi,
anche se in alcuni passaggi i dialoghi strabordano un poco,
ed a concentrarsi sulla direzione di attori che si avverte quanto
abbiano amato e lavorato su questi ruoli. [fabio
melandri]
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