Roll Bounce
id.
Regia
Malcolm D. Lee
Sceneggiatura
Norman Vance Jr
Fotografia
J. Michael Muro
Montaggio
George Bowers,
Paul Millspaugh
Musica
Stanley Clarke
Interpreti
Bow Wow, Chi McBride, Mike Epps, Wesley Jonathan, Kellita Smith
Anno
2005
Durata
120'
Nazione
USA
Genere
commedia
Distribuzione
Fox Searchlight

Nel 1978, quando l’America era ancora frastornata dalla rivoluzione della musica disco, un’altra nuova moda si fece strada nei centri urbani. Era conosciuta come ‘roller disco’ o ‘jam skating’, per i suoi movimenti selvaggi e appassionati, eseguiti sui tradizionali pattini a quattro rotelle dell’epoca. Improvvisamente, le piste di pattinaggio furono sommerse dall’entusiasmo e dalle stesse aspirazioni che venivano riversate nei locali da ballo, diventando dei luoghi di ritrovo alla moda, e, per molti adolescenti urbani sul punto di diventare adulti, il modo migliore di passare il sabato sera.
Ora questo mondo viene raccontato in un film all-black, utilizzando una pista di Chicago degli Anni Settanta come sfondo per una vivace storia sull’amicizia, la famiglia e su un’epica competizione di pattinaggio che mette di fronte un eroe del North Side furbo e sicuro di sé contro un emergente prodigio del South Side, che ha ancora tutto da dimostrare.
Un film che giunge in Italia in sordina (solo 20 copie probabilmente accentrate nei multiplex), quasi per caso, costruito per un pubblico adolescenziale afroamericano che difficilmente troverà fortuna ed interesse tra i pari età italiani. Entrando nel merito dell’opera, Roll Bounce punta forte sul ritmo che la mobile macchina da presa del regista Malcom D. Lee (Undercover Brother) cerca di pennellare dietro gli atleti/acrobati/ballerini sulle otto ruote. Il look puro Anni Settanta è esaltato sullo schermo da una fotografia che accentua i colori pieni e brillanti, quasi psichedelici ed evocato, ma meglio sarebbe dire strillato, da una colonna sonora che non fa mancare nessuna hit del periodo. Una Febbre del sabato sera su rotelle con accenti drammatici alla West Side Story sono le fondamenta estetiche e narrative di un film in cui la lotta tra gang per una volta viene risolta non con spargimenti di sangue ma bensì di sudore e lacrime. Un po’ poco in verità per salvare un film tanto debordante nella forma quanto sterile nella sostanza.
[fabio melandri]