Se quello
dei francesi lungo le bianche scogliere di Dover sembra uno
sbarco in Normandia ante litteram, mutatis mutandis ci appare
un “Salvate il soldato Ryan”
ambientato negli anni della Magna Carta. Il nuovo kolossal
di Rydley Scott, interpretato ancora una volta dall'attore
feticcio Russell Crowe è la trentaquattresima versione
del mito dell'arciere che rubava ai ricchi per dare ai poveri:
Robin Hood. Siamo nel XIII secolo: l'Inghilterra, indebolita
da decenni di guerre, è vulnerabile agli attacchi francesi
e al rischio di rivolte interne per le forti tassazioni. Nella
foresta vicina alla città di Nottingham l'arciere Robin
Hood forma una banda che si opporrà all'invasione francese
con l'aiuto dei baroni inglesi e al pessimo governo del successore
di Re Riccardo I, il fratello Giovanni (Oscar Isaac). Questa
volta la consolidata coppia de “Il
Gladiatore” ha voluto mettere in evidenza la
parte storica della vicenda. Regista, produttore (Brian Grazer)
e sceneggiatore (Brian Helgeland) hanno dato importanza a
come una persona “normale” possa trasformarsi
in un difensore degli oppressi.
Per
prepararsi al ruolo Crowe ha letto più di 30 libri
su Robin Hood e sul periodo compreso tra la fine del dodicesimo
secolo e gli inizi del tredicesimo. Durante tutta la lunga
pellicola (un po' più di due ore), ci si lascia travolgere
dalle espressioni sornione e divertite di Crowe, ma si ha
sempre e comunque la sensazione che a breve verrà “scatenato
l'inferno”. La parte di Lady Marion è affidata
a Cate Blanchett: una Marion volitiva, energica, ma nello
stesso tempo pronta a lasciarsi andare nelle braccia di Robin.
”Visto che Russell e Ridley hanno realizzato insieme
così tanti film che vanno dritti al sodo della storia
– dichiara la Blanchett -, trovavo la cosa molto emozionante”.
Sulle modifiche apportate alla leggendaria vita di Hood, l'attrice
sottolinea che “non esiste una unica verità.
È una costruzione narrativa senza tempo e ogni epoca
imprime il suo marchio di fabbrica su una storia archetipa
come questa”.
Un
film completo, ricco, ben diretto, coadiuvato dal montaggio
serrato ed impeccabile di Scalia, che in teoria non dovrebbe
lasciare adito a momenti di noia. Eppure sembra tutto già
visto; si ha la sensazione che il regista di “Blade
Runner” (1982) abbia realizzato la pellicola
con un la mano sinistra, usando molta tecnica e poca passione.
[valentina venturi]