Ricky - Una storia d'amore e libertà
Ricky
Regia
François Ozon
Sceneggiatura
François Ozon,
Emmanuèle Bernheim
Fotografia
Jeanne Lapoirie
Montaggio
Muriel Breton
Scenografia
Katia Wyszkop
Costumi
Pascaline Chavanne
Musica
Philippe Rombi
Interpreti
Alexandra Lamy, Sergi López, Mélusine Mayance, Arthur Peyret,
Jean-Claude Bolle-Reddat, André Wilms
Produzione
Eurowide Film Production, Teodora Film, Rom Foz, Le Pacte
Anno
2009
Nazione
Francia, Italia
Genere
drammatico
Durata
90'
Distribuzione
Teodora Film
Uscita
09-10-2009
Giudizio
Media

Katie (Alexandra Lamy) si divide tra il lavoro in fabbrica e la piccola Lisa. Un’esistenza monotona che viene prima cambiata dall’incontro con Paco (Sergi Lopez) e poi sconvolta dal piccolo Ricky. L’amore con lo spagnolo le permette di tornare a sorridere, ma il dono di Ricky (Arthur Peyret) la farà felice. Al bimbo, giorno dopo giorno, cominciano a crescere le ali. Da macchie rosse sulla schiena, a piccoli tronconi di sangue, si trasformano in quelle proprie di un volatile di grandi dimensioni.
La storia raccontata da Ozon, al suo decimo lungometraggio, è tutta qui: un miracolo della natura che viene accettato con amore e reso libero dal desiderio di libertà e felicità. Il film, secondo il regista, parla “della famiglia, del nostro posto all’interno di essa e di come un nuovo membro possa alterare l’equilibrio”.
L’utilizzo degli effetti speciali (curati dalla BUF), necessario per rendere credibile il cambiamento di Ricky, è oculato e funzionale. “Ho provato a fare cose semplici – ricorda Ozon -, evitando artifici vistosi o inquadrature eccessivamente elaborate. Volevo integrare tali effetti con una messainscena ordinaria, dove troviamo le azioni concrete della vita di tutti i giorni.
Una fiaba, un sogno che lascia stupefatti durante tutta la visione. Eppure, sarà il viso gioioso di Ricky o la difesa materna di Katie, la storia lascia interdetti ma appagati. Un inno alla diversità e all’amore. [valentina venturi]

NOTE DI REGIA di François Ozon

L’idea di partenza

La sceneggiatura di Ricky è liberamente ispirata al racconto di Rose Tremain, “Moth” (falena), che nella versione francese ha il titolo “Léger comme l’air” (leggero come l’aria). Mi è piaciuto immediatamente quando l’ho letto, ma inizialmente non pensavo di poterlo adattare per lo schermo. Non sapevo come avvicinarmi alla storia, come renderla mia. Malgrado mi attirasse il modo in cui un evento straordinario irrompe nelle vite altrimenti scialbe dei protagonisti, l’elemento fantastico mi spaventava, sembrandomi impossibile da rendere. Alla fine, però, ho capito che ciò che mi aveva commosso non era tanto la componente fantastica della vicenda, quanto il fatto che parli della famiglia, del nostro posto all’interno di essa e di come un nuovo membro possa alterarne l’equilibrio.

Ironia
C’è un’ironia nel racconto di Rose Tremain che corrisponde alla mia e che volevo conservare nel film. Ogni volta che la storia diventa troppo irreale o bizzarra, elementi di umorismo e distacco arrivano ad alleviare la tensione e a far funzionare la scena. Katie e sua figlia amano davvero prendersi cura di questo bambino straordinario e spero che il pubblico condivida con loro questo piacere. È divertente vedere un normale sentimento materno esprimersi in una situazione completamente eccezionale.

Un angelo?
Katie non vede mai le ali come un handicap, per lei sono davvero un dono, sono un vantaggio. Il pubblico senza dubbio le interpreterà attraverso un simbolismo religioso, ma all’inizio si tratta di piccoli tronconi sporchi di sangue, mentre quando crescono l’apertura è imponente e il loro colore non è un bianco candido: insomma, si tratta di ali che non richiamano subito un angelo alla mente. È anche per questo che ho voluto mostrare in dettaglio la loro crescita, a differenza del libro, dove appaiono all’improvviso senza spiegazioni.

Il bambino
Nei film, i bambini sono spesso idealizzati. Raramente li vediamo affamati, sporchi o urlanti. Era importante per me che Ricky fosse un personaggio vero, che esprimesse i propri bisogni e le proprie emozioni. Ho diretto il piccolo Arthur Peyret come ogni altro attore, arrivando a parlargli per spiegare cosa volevo da lui. Abbiamo rapidamente adattato i tempi delle riprese alle pause per la pappa e i pannolini. La cosa buffa è che lui ha preso il suo ruolo sul serio e la sua interpretazione migliorava scena dopo scena… Al punto che abbiamo finito di girare prima del previsto.

Ritratto di donna
Amo molto i ritratti femminili e volevo esplorare nuovamente il tema della maternità, ma in modo diverso rispetto a uno dei miei primi film, Regarde la mer. In quest’ultimo, due aspetti dell’istinto materno erano raccontati attraverso due donne molto differenti: la madre buona e la madre “mostruosa”. In Ricky, tali aspetti sono presenti nella stessa madre, Katie, e noi seguiamo la complessa evoluzione dei suoi impulsi. All’inizio è come una leonessa, dedita a proteggere il suo piccolo, poi diventa più giocosa, quasi infantile, quasi fosse una bambina alle prese con una bambola. Infine, abbiamo una madre che si confronta con un figlio che ha bisogno di cure e attenzione, un figlio che dovrà condividere con altre persone e, eventualmente, da cui dovrà separarsi.


Ellissi
Le ellissi del racconto ci conducono attraverso i vari stadi di una classica storia d’amore: la solitudine, l’incontro, la formazione di una coppia, la ragazzina che si sente tagliata fuori, un bambino che sta arrivando. È tutto necessario a portarci verso il fulcro del film: la nascita di Ricky. Ho scelto di iniziare il film con la scena di Katie che parla con l’assistente sociale e con un flashback, allo scopo di sollecitare diverse interpretazioni negli spettatori.

Sergi Lopez
Volevo lavorare con lui da parecchio tempo. Ho scritto il personaggio di Paco pensando proprio a Sergi. È un attore molto raffinato. È sensuale, c’è qualcosa di femminile nel modo in cui si muove, e al tempo stesso è estremamente virile, attrae le donne e le rassicura. Ha portato ambiguità e umanità a un personaggio che sulla carta poteva apparire negativo.

Alexandra Lamy
Quando ho visto in tv Un gars, une fille (la versione francese di Love Bugs, ndr) ho pensato fosse un’attrice davvero interessante. Ha un dono speciale per la commedia e la battuta pronta, è svelta e ha un eccellente tempismo. Mi faceva venire in mente le attrici americane della “screwball comedy”, ma percepivo che sarebbe stata capace di dare il meglio di sé anche in un ruolo drammatico. Inoltre, Alexandra riesce a impersonare il lato ordinario e schietto del personaggio di Katie. Ho pensato che con lei il pubblico avrebbe trovato la vicenda più credibile di quanto sarebbe stata se la protagonista fosse stata interpretata da un’attrice troppo famosa. Il mio obiettivo principale con Alexandra è stato poi di rallentare i suoi tempi, aiutarla a trovarsi a suo agio con il silenzio e l’assenza.

Effetti speciali
Quando il progetto era ancora in fase di sviluppo, eravamo un po’ nervosi. Effetti speciali più un bambino: voleva dire un sacco di ostacoli, malgrado avremmo lavorato con una compagnia celebre come la BUF (vedi cast tecnico, ndr). Alla fine, però, tutto è andato liscio, molto meglio di quanto i produttori e le compagnie di assicurazione si aspettassero. Mi piacciono gli effetti speciali quando sono parte integrante della storia, quando sono al suo servizio, come in Radiazioni BX: distruzione uomo di Jack Arnold, che ha rappresentato un punto di riferimento. O come nei film di David Cronenberg: lui riesce a sfruttare la parte “organica” degli effetti speciali.
Ho provato a fare cose semplici, evitando artifici vistosi o inquadrature eccessivamente elaborate, dettate solo dal fatto di usare gli effetti speciali. Al contrario, volevo integrare tali effetti con una messinscena ordinaria, dove ritroviamo le azioni concrete della vita di tutti i giorni. Ciò ha reso ancora più difficile il lavoro, poiché gli effetti sono solitamente inseriti in un montaggio frenetico di inquadrature brevi, il che non lascia il tempo di vederli davvero, ma piuttosto di intuirli.