Wes
Craven, regista de’ paura abbandona per la seconda volta,
dopo La musica del cuore, le strade
familiari dell’horror per frequentare quelle del thriller
ad alta tensione.
Nasce così il progetto di Red Eye,
il primo di una serie di thriller ambientati a 9000 metri da
terra, seguirà a poco Flightplan
con il ritorno sul grande schermo di Jodie Foster, un dramma
a due stretto nel claustrofobico spazio della carlinga di un
Boeing 767 in volo da Dallas a Miami.
Qui Lisa Reisert (Rachel McAdams – Due
Single a nozze), ragazza in carriera tutta casa e lavoro
con un dramma tragico alle spalle, incontra Jackson (Cillian
Murphy – Batman Begins) uomo
d’affari misterioso, affascinante e... pericoloso. Il
loro incontro al terminal di partenza sembra così casuale
e naturale che Lisa non sospetta minimamente della vera natura
dell’uomo, che si rivela solamente una volta in volo,
prigioniera delle sue paure e di un individuo che sembra sapere
molte cose sul suo conto. Inizia un gioco delle parti, fatti
di pressioni psicologiche, costrizioni fisiche che grazie ad
una regia sapiente e ad un montaggio emozionale, tiene lo spettatore
inchiodato sulla poltrona.
Wes Craven riesce a dare il meglio di se quando si muove in
spazi chiusi: la cabina dell’aereo, con pochi e funzionali
movimenti di macchina ed espressivi primissimi piani; la casa
paterna in cui si gioca il duello finale, in cui memore della
sequenza d’apertura capolavoro di Scream,
nella costruzione dell’inseguimento tra gatto e topo,
vittima e carnefice, gioca con le aspettative del pubblico,
disilludendole e confermandole a proprio piacimento ma con una
tensione che rimane comunque sempre alta.
Detto questo, il film è godibile nella parte centrale,
quella ambientata sull’aereo, mentre l’incipit non
è supportato da dialoghi all’altezza della situazione
mentre il finale scivola via, nonostante la buona costruzione
visiva del duello di cui detto, in una medietà deludente.
Come nel precedente Cursed – Il
maleficio, Craven dimostra di avere ancora una buona
mano, ma non è supportato da sceneggiatori alla sua altezza,
capaci di esaltare l’indubbio ed ancora vivo talento del
professore di filosofia di Cleveland. [fabio
melandri]
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