The Reader - A voce alta
The Reader
Regia
Stephen Daldry
Sceneggiatura
David Hare
Fotografia
Chris Menges, Roger Deakins
Montaggio
Claire Simpson
Scenografia
Brigitte Broch
Costumi
Ann Roth, Donna Maloney
Musica
Nico Muhly
Interpreti
Kate Winslet, Ralph Fiennes, David Kross, Lena Olin, Bruno Ganz
Produzione
Mirage Enterprises, Neunte Babelsberg Film
Anno
2008
Nazione
USA, Germania
Genere
drammatico
Durata
124'
Distribuzione
01 Distribution
Uscita
20-02-2009
Giudizio
Media

THE READER ha inizio nella Germania dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando l’adolescente Michael Berg si sente male e viene aiutato ad arrivare a casa da Hanna, un’estranea che ha il doppio dei suoi anni. Michael si riprende dalla scarlattina e cerca Hanna per ringraziarla. Così, i due rapidamente rimangono coinvolti in una relazione segreta e appassionata.
Michael scopre che Hanna ama sentir leggere e il loro rapporto fisico si trasforma in qualcosa di più profondo. Hanna è entusiasta che Michael le legga L’odissea, Le avventure di Huckleberry Finn e La signora con il cagnolino. Nonostante il loro rapporto, un giorno Hanna scompare misteriosamente, lasciando Michael confuso e addolorato.
Otto anni più tardi, mentre Michael è uno studente di legge che osserva i processi per i crimini di guerra nazisti, è sconvolto nel veder tornare Hanna nella sua vita, questa volta come imputata in tribunale. Mentre il passato della donna viene rivelato, Michael scopre un segreto importante che avrà un forte impatto sulle loro vite.

Dal libro al film
THE READER affronta per molti versi il potere delle parole e della lettura. Per questo, risulta naturale che il film abbia avuto origine da un libro apparentemente semplice, ma di grande impatto emotivo, “un romanzo formalmente bello, inquietante e alla fine decisamente devastante”, secondo il Los Angeles Times.
Scritto da Bernhard Schlink, professore di legge a Berlino e autore di gialli, A voce alta, edito in Italia da Garzanti, è un libro semiautobiografico, pubblicato per la prima volta nel 1995 per essere poi tradotto in 40 lingue ed è diventato il primo libro tedesco ad arrivare in testa alla classifica del New York Times, ottenendo una grande popolarità nel 1999, dopo che Oprah Winfrey lo aveva scelto per il suo celebre club del libro. “Chi avrebbe mai pensato che un libro di sole 218 pagine potesse suscitare tante emozioni?”, si era chiesta la Winfrey, notando come tanti uomini avessero letto il romanzo, un numero maggiore rispetto a ogni altro titolo selezionato, prima ancora che fosse discusso nel suo programma.

“E’ una storia su quella che definiamo la ‘seconda generazione’”, sostiene Schlink, descrivendo i ragazzi “che per fortuna sono nati dopo” gli anni della guerra. “Siamo cresciuti in maniera molto ingenua fino a quando, a un certo punto, abbiamo capito quello che avevano fatto i nostri genitori, sacerdoti e insegnanti.
Quando si ama qualcuno che è rimasto coinvolto in qualcosa di orribile, si possono vivere grandi conflitti”. In Germania, il movimento per comprendere la guerra ha coniato anche un proprio termine psicologico,‘vergangenheitsbewältigung’, che significa ‘la lotta per venire a patti con il passato’. Il romanzo viene considerato talmente importante per comprendere la storia nazionale da essere stato
adottato come libro di testo nelle scuole tedesche.

I diritti cinematografici di A voce alta sono stati acquistati da Harvey Weinstein e dalla Miramax Films nel 1996. Anthony Minghella e il suo partner produttivo Sydney Pollack si sono fatti coinvolgere da Weinstein. Minghella intendeva scrivere la sceneggiatura e dirigere il film. Ma anche il drammaturgo David Hare, che più tardi sarebbe stato candidato all’Oscar per il suo lavoro con The Hours, aveva letto il libro di Schlink e desiderava adattarlo. Visto che Minghella aveva appena fatto razzia di Oscar grazie a Il paziente inglese e stava valutando altri progetti grandiosi, Hare ha tentato di convincerlo a cedergli l’incarico di scrivere THE READER, ma Minghella continuava a volersene occupare personalmente.

Quasi un decennio più tardi, senza una sceneggiatura completa, Daldry, che aveva studiato tedesco da ragazzo e aveva vissuto a Berlino, chiede a Minghella di poter dirigere THE READER. Capendo che sarebbe stato necessario ancora del tempo prima di poter essere coinvolto personalmente con la produzione, Minghella accetta di lasciare il film in mano a Daldry, a condizione che Daldry ne faccia il proprio esclusivo progetto e che lui stesso e Pollack siano coinvolti come produttori. Per la sceneggiatura, Daldry pensa subito a Hare. “Abbiamo fatto The Hours e quindi questo è il secondo film complicato e decisamente ambizioso che abbiamo realizzato insieme”, sostiene Hare. “Abbiamo un legame forte, proprio come delle persone che hanno combattuto insieme in guerra, e conosciamo sia i nostri punti di forza che le nostre debolezze”.

Rispetto al romanzo di Schlink, che si svolge seguendo l’ordine cronologico in tre fasi distinte, la sceneggiatura di THE READER “salta nel tempo”, per utilizzare le parole di Hare, con una struttura che trasporta lo spettatore nella vita del personaggio principale in differenti momenti tra gli anni cinquanta e i novanta, per poi magari tornare indietro. Affermato drammaturgo, regista e autore diffidente verso l’obbedienza cieca alla tradizione, Hare cerca sempre di essere originale nel suo lavoro e per questo adattamento studia un approccio eccitante e innovativo, senza utilizzare quelle “orrende e vecchie voci off” che spesso accompagnano le narrazioni in prima persona.

“Quando vado al cinema, sono decisamente annoiato dai film in cui posso intuire le intenzioni e i personaggi fin da quando entro in sala”, dice Hare, determinato a liberare THE READER dai meccanismi narrativi dei precedenti film sul periodo postbellico che trattano di campi di concentramento, ansie e complicità individuali nei crimini commessi dallo Stato. “Sono interessato soltanto alle cose che
non appartengono a un determinato genere. Sicuramente, questo non può essere definito il classico ‘film sull’Olocausto’”.

“Sono stati realizzati 252 film sull’Olocausto”, sostiene Daldry, “e io spero che ne vengano girati almeno altrettanti in futuro”. Ma THE READER è qualcosa di diverso, secondo il regista, che lo definisce “un’opera strana” e che sovverte le aspettative. Sfidando il trend delle precedenti storie di sopravvivenza, un personaggio che scopriamo durante il film e che è sopravvissuto ai campi di concentramento è ritratto come un pilastro morale e con grande forza intellettuale rispetto alla solita vittima debole che siamo abituati a vedere.

Mentre Hare, Daldry, Minghella e Pollack capiscono bene il valore dell’innovazione e della sperimentazione cinematografica, un aspetto del progetto non è mai venuto meno: il rispetto e l’onore per le vittime dei crimini di guerra nazisti. C’era un tacito accordo tra i realizzatori che il termine “perdono” non sarebbe mai stato menzionato. In effetti, il film evita i vaghi concetti di redenzione e perdono per trattare invece il problema di come una nuova generazione venga a patti con il suo fosco passato.
A questo scopo, lo sceneggiatore e il regista sono andati in giro in Germania con Schlink per discutere la colpa postbellica e le reazioni controverse che ha provocato il suo romanzo. “Il libro ha un importante significato storico in quel Paese”, rivela Daldry. “E’ un romanzo che affronta il problema di come continuare dopo quello che è avvenuto”.

“Ha suscitato grandi consensi, ma anche violenti attacchi”, aggiunge Hare. “Cercare di esplorare e comprendere i crimini nazisti è una questione pericolosa e complessa, perché si può involontariamente oltrepassare una linea sottile”.
Determinato a spiegare “come i figli di una generazione criminale hanno vissuto con le conseguenze dei misfatti dei genitori”, Daldry non voleva scendere a compromessi. “Il film affronta di petto i crimini di guerra”, sostiene il regista, attento a non ritrarre le guardie dei campi di concentramento come orchi orribili o cattivi eccessivi, ma piuttosto mostrandoli come lavoratori normali e uguali a tanti altri. “Mette in primo piano le persone comuni che hanno commesso questi crimini e quindi la banalità del male”.

A differenza di tanti sceneggiatori il cui contributo termina dopo che hanno fornito l’ultima versione dello script, Hare invece è stato il benvenuto durante le riprese da Daldry, come avvenuto per The Hours.
“Stephen mi ha permesso di essere un collaboratore dall’inizio delle riprese alla fine del montaggio”, rivela il drammaturgo. “Lui non vuole persone che non siano pronte a impegnarsi in maniera profonda. Inquesto senso, sembra più di lavorare in teatro che al cinema. E’ il regista più accurato con il quale abbia mai collaborato e nulla viene girato per caso”.

Anche l’autore del romanzo, Schlink, ha partecipato in un modo che non avrebbe mai potuto immaginare, facendo una comparsata in una scena in esterni in un cortile, dove gli sventurati amanti Hanna e Michael pranzano nel corso di un giro in bici. E’ stato in quell’occasione che ha potuto assistere all’ossessione di Daldry per l’accuratezza e la sincerità fin nei minimi dettagli, che si trattasse di un oggetto d’epoca o uno sguardo fugace di uno degli attori. “Stephen è molto sensibile verso le cose più piccole e sottili, una dote che ammiro profondamente”.