Il mito
del superuomo in una rivisitazione di 'Delitto e castigo' di Dostoevskij
nella Roma del 1938 durante la visita di Hitler.
Raul (Stefano Dionisi), giovane laureato in giurisprudenza, non riesce
a concorrere per una cattedra in quanto non iscritto al Partito Fascista.
In difficoltà economiche impegna i suoi pochi averi presso
un’anziana usuraia (Laura Betti). Frequenta e ne diventa amico,
un anarchico alcolizzato che vive alle spalle di una figlia che fa
la vita (Violante Placido). Uccisa l’anziana usuraia, accusato
dell’omicidio l’anarchico Mariotti (Alessandro Haber),
Raul sente sorgere in se un lento ma inesorabile senso di colpa che
cozza prepotentemente con le sue convinzioni superomistiche per cui
“eletti” hanno il diritto di uccidere coloro che ritengono
parassiti della società ed ostacoli al progresso della società
che questi rappresentano. Le indagini vengono affidate ad un solerte
giudice (Giancarlo Giannini) che nonostante i brutali metodi investigativi
del regime, inquadra subito la realtà dei fatti spingendo l’assassino
all’interno di una ragnatela che piano piano gli si stringe
attorno sino all’inevitabile arresto ed espiazione.
Ben 33 anni sono passati dalla prima stesura delle sceneggiatura all’inizio
delle riprese e 6 mesi dalla conclusione di queste alla sua uscita
in sala. Progetto travagliato questa opera prima di Andrea Bolognini,
nipote di Mauro che si ripercuote sull’opera oggi compiuta.
Un film ad handicap per una sceneggiatura meccanica e poco fluida
dagli involontari momenti comici, una recitazione diseguale da parte
del composito cast – bravi Laura Betti e Giancarlo Giannini,
prigioniero della sua macchietta Alessandro Haber, inguardabili Violante
Placido e l’insostenibile Stefano Dionisi (affidare la parte
di protagonista a Dionisi è come partecipare ad un campionato
di calcio partendo con 9 punti di penalizzazione) –, una scenografia
nelle intenzioni minimalista ed evocativa ma che trasuda sciatteria
e falsità come il peggiore dei tv movie, una colonna sonora
– autore Andrea Morricone figlio di Ennio – debordante,
sovraccarica e fastidiosa. Il tutto miscelato da una regia incerta,
insicura, a tratti pasticciona. Correva l’anno 1977 quando Ettore
Scola ci raccontava attraverso gli occhi di Sophia Loren e Marcello
Mastroianni un’altra “giornata particolare”. Il
confronto è improponibile e l’eredità del passato
schiaccia e martirizza questo aspro frutto del mediocre cinema italiano
targato 2005. [fabio melandri]