Ratatouille
id.
Regia
Brad Bird
Sceneggiatura
Brad Bird
Fotografia
Sharon Calahan, Robert Anderson
Montaggio
Darren Holmes
Scenografia
Harley Yessup
Animazione
Dylan Brown, Mark Walsh
Musica
Michael Giacchino
Voci americane
Patton Oswalt, Ian Holm, Lou Romano, Brian Dennehy, Peter O'Toole, Janeane Garofalo, Stephane Roux
Produzione
Pixar Animation Studios, Walt Disney Studios
Anno
2007
Nazione
USA
Genere
animazione
Durata
117'
Distribuzione
Buena Vista International Italia
Uscita
17-10-2007
Giudizio
Media

I topolini hanno sempre funzionato nei cartoni animati. Lo sapeva Walt Disney che su Mickey Mouse ha fondato il suo impero e lo sanno i geni della Pixar che su un piccolo roditore dall’olfatto miracoloso hanno creato il loro ultimo capolavoro Ratatouille, dal nome del piatto povero con cui il simpatico animaletto conquisterà le vette dell’alta cucina parigina.
Ratatouille è una fantasmagoria, è spettacolo allo stato puro, è un concentrato di temi e motivi profondi sia sul piano etico che su quello più squisitamente espressivo, che si combinano senza soluzione di continuità per quasi due ore.
Da Toy Story in poi, la squadra autori della Pixar ha abbandonato come fonte di ispirazione per i loro film i classici dell’infanzia come le fiabe di Perrault o le leggende medievali per inventare di sana pianta soggetti originali che avessero presa nell’immaginario collettivo mondiale così come ce le avevano Biancaneve o Cenerentola. La trama è semplice e immediata fin dalla sua story line.
Remy topo di campagna dal naso eccezionale si ritrova a Parigi per diventare l’erede di Gousteau, il più grande cuoco di Francia e di tutti i tempi, colpito da un infarto dopo l’ennesima stroncatura del suo acerrimo nemico, il critico Anton Ego. Come ogni favola anche Ratatouille è costruito sugli opposti, sulle simmetrie, sugli equivoci e sulle coincidenze. Caso e necessità, destino e fatalità. Le fortune della scalata sociale racchiuse nello sguardo furbetto e smaliziato di un topino dal naso grande (come non paragonarlo all'illustre precedente, al naso più importante di Francia e cioè Cyrano de Bergerac?) e dal cuore grande.
Il topo è il simbolo della sporcizia, è l'animale che si nutre nell'immondizia, è tutto ciò che più distante si possa concepire dal mondo scintillante dell'alta cucina. Remy viene incaricato dalla sua famiglia per distinguere il cibo buono da quello avvelenato. Nel prologo i topi rubano in casa di una vecchia, nonostante Remy si dimostri assolutamente contrario. Remy ammira gli uomini e obbedisce ad una regola, non si deve sottrarre ciò che non è tuo agli altri. I topi si devono elevare, devono avere rispetto per se stessi, per il cibo e gli esseri umani. Nessuno gli dà retta, è un discorso troppo astratto e complicato. I topi devono sopravvivere e per sopravvivere fanno quello che la natura e le convenzioni millenarie gli dettano. Rubare. Per andare contro a tutto questo e per dimostrare le sue ragioni, Remy affronterà un percorso al termine del quale lo vedrà prevedibilmente trionfatore. Un percorso elaborato, assolutamente non macchinoso, ma stratificato su più livelli, una vertigine di scatole cinesi in cui ci si perde e ci si abbandona con enorme entusiasmo. Sbarcato a Parigi, con il morale a terra, senza una casa e con mille pensieri, Remy si imbatte nel suo alter ego umano. Un ragazzino di origini italiane, figlio illegittimo del grande Gousteau. I due diventeranno inseparabili e in simbiosi realizzeranno i loro scopi.
Lo stratagemma su cui il garzone di bottega e il topino di campagna si uniranno è magistrale ed è da manuale di cinema. Metafora di Pinocchio, Remy guiderà il suo burattino provocando gag e disastri a catena. L'unico punto negativo viene risolto in un punto a favore. Non esiste un vero antagonista. Sono tre le figure in cui si incarna l'antagonista per ogni sequenza, ma nessuno che si opponga ai protagonisti durante l'intero arco narrativo. Senza soffermarci sulla trama, l'assenza di un antagonista concreto significa una trasformazione profonda del genere cinematografico. Il passaggio da un antagonista esterno a uno interno che apre a problematiche altamente morali, come dicevamo. Non esiste peggior nemico di ciò che nascondiamo dentro di noi. Remy e il suo compare devono affrontare le reciproche paure per superare i diversi ostacoli che gli si frappongono durante il cammino. Assolvendo così al compito didattico di ogni favola che si rispetti. Ratatouille è un cartone animato educativo e molto maturo che richiede un pubblico molto attento e concede poco al divertimento dei precedenti della Pixar come Alla ricerca di Nemo o Toy Story.
[matteo cafiero]

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