“È
il mio lavoro!”. La professione di cui parla Tank (Dane
Cook, famoso in America per le performance come comico cabarettista),
è particolare e spietata: è un esperto nel recupero
dei ‘rapporti sentimentali falliti’. In altri
termini è un maestro del “terrorismo emotivo”:
esce con ragazze che hanno scaricato da poco il loro fidanzato,
si comporta da perfetto “imbecille” (ma il termine
usato è più volgare) per spingerle a ricredersi
tanto da tornare sui loro passi riprendendosi l’amore
precedente. I guadagni a Tank vanno bene, nonostante si lavori
con il passa parola.
Quando accetta di aiutare Dustin (Jason Biggs), suo coinquilino
e migliore amico, tutto si complica. Dustin è innamorato
perdutamente di Alexis (Kate Hudson), una ragazza bella e
intelligente, con un carattere fermo e risoluto. A cena, durante
una romantica serata il ragazzo le rivela il suo amore. La
reazione però è completamente diversa dal previsto:
la trentenne non si sente pronta ad intraprendere una relazione
stabile. Vuole fare ancora molte esperienze sessuali, prima
di impegnarsi con un solo ragazzo, quindi gli propone di rimanere
amici. A Dustin non resta altro che chiedere urgentemente
l’intervento del professionista in questioni amorose,
Tank. Il professionista dovrà rimettere le cose a posto,
facendo impazzire di desiderio Alexis per lui. Ovviamente
lo sviluppo della vicenda cambierà le carte in tavola,
deviando dal percorso prestabilito.
Da questo momento La ragazza del mio
migliore amico, commedia caustica e sceneggiata con
buon ritmo, si trasforma in un film come tanti altri, perdendo
in originalità e divertimento. Come spesso accade,
il lieto fine impoverisce il plot. Secondo la protagonista
femminile “le cose non sono mai perfette come nei film.
Siamo tutti umani. Tutti facciamo degli errori. Lo scopo di
questo film è gettare uno sguardo ad un tipo di relazioni
problematiche e farci ridere”. E in effetti all’inizio
si ride delle tecniche studiate a tavolino da Tank, dei retroscena
del suo metodo amoroso suddiviso in dieci passaggi, dei dialoghi
ben strutturati. Però con il proseguire della pellicola,
la storia diventa scontata, prevedibile e senza più
interesse. La presenza di Alec Baldwin nei panni del padre
di Tank, professore universitario libertino e volgare, se
vogliamo aggrava la situazione, invece di risollevarla È
un peccato perché l’idea poteva essere sviluppata
con più cattiveria invece di troncarla a metà
deviando per il genere romantico.
[valentina venturi]