Trasmesso
su 558 frequenze radio in tutto il Paese; seguito ogni settimana
da più 4 milioni di ascoltatori in America e quasi
35 milioni nel mondo; l’anno scorso, si è festeggiato
il suo trentesimo anniversario di vita. Questi i numeri di
A Prairie Home Companion, acclamato programma radiofonico
condotto da Garrison Keillor.
Quest’ultimo ha fatto tesoro delle mille ed una storia
che si sono susseguite in tutti questi anni e ne ha tratto
una sceneggiatura, intrecciando tra venature comiche, drammatiche
ed un pizzico di surrealtà una serie di storie che
si sviluppano nell’ambito di un orizzonte temporale
piuttosto limitato che pesa su tutti come una minaccia: i
musicisti, i cantanti e tutti coloro che nel corso degli anni
hanno dato vita al mitico programma radiofonico stanno per
scoprire che la puntata di questa sera sarà l’ultima.
“Ogni spettacolo è l’ultimo spettacolo”
fa notare GK (Garrison Keillor) a chi chiede lumi sul futuro.
Così le due sorelle Yolanda e Rhonda Johnson (Meryl
Streep e Lily Tomlin), “supersititi” di quello
che una volta era un famoso gruppo country formato da quattro
sorelle, fanno da madrine al debutto della figlia di Yolanda,
Lola (Lindsay Lohan), sotto l’ala paterna dello stesso
(nei panni di se stesso) e la complicità dei due cowboy
cantanti Dusty e Lefty (Woody Harrelson e John C. Reilly).
E mentre sul palcoscenico si susseguono senza soluzione di
continuità vecchie e nuove star del folk americano,
classiche melodie e jingle pubblicitari, nel backstage si
aggirano una misteriosa donna di bianco vestita(Virginia Madsen),
pedinata da Guy Noir (Kevin Kline), l’addetto alla sicurezza
che vive i suoi giorni e le sue notti seguendo i dettami di
un romanzo di Raymond Chandler ed un tagliatore di teste (Tommy
Lee Jones) incaricato dalla nuova proprietà radiofonica
di chiudere il programma e sciogliere la famiglia riunita
da oltre trent’anni.
A dirigere le danze non poteva che essere chiamato l’ottantunenne
Robert Altman, che di trame elaborate, cast ricchissimi e
storie tra di loro secanti ne ha fatto un marchio di fabbrica
(Nashville, The
Protagonist, America Oggi).
Come un direttore d’orchestra muove la sua bacchetta,
così Altman dirige la macchina da presa agilissima
indagando sin nelle profondità delle intercapedini
del teatro che nella memoria e psicologia dei protagonisti.
Un film di parola, recitata e cantata, che non trascura la
cura formale ed elegante dell’immagine, regalandoci
personaggi memorabili come il detective Guy Noir, pasticcione
come Clouseau, il duo di cowboy canterini che tra barzellette
di bassa fattura e canzoni da cantare alla luce di un fuoco
lento nel deserto, rimandano echi del vecchio west, sino all’algida
ed eterea misteriosa donna dall’impermeabile bianco,
un angelo vendicatore e nello stesso tempo consolatore, il
più affascinante Caronte che ci si possa augurare di
incontrare.
Un film che incanta ma non convince; discontinuo nella caratterizzazione
dei personaggi ed a tratti ripetitivo nello svolgimento delle
storie; in bilico tra realismo e surrealismo, fluidità
narrativa e voli pindarici nell’immaginifico. Affascinante
ma sterile, come un film in bianco e nero a cui è stato
donato una coloritura non propria, tanto per accontentare
le giovani leve. Provaci ancora Bob…
[fabio melandri]