Kym è
in libera uscita dalla clinica di disintossicazione in cui
si è ricoverata per l'ennesima volta nel tentativo
di liberarsi dalla sua dipendenza dalla droga. Sua sorella
Rachel si sposa e non vuole assolutamente mancare. Il rientro
in famiglia si rivelerà tutt'altro che facile...
Quasi influenzato dallo stile documentaristico degli ultimi
suoi film (The Agronomist, Neil
Young: the Heart of Gold, Man
From Plains), Demme sembra realizzare il suo ultimo
film con la stessa tecnica che userebbe un padre di famiglia
in procinto di festeggiare il matrimonio della figlia. Lasciando
campo libero ai suoi familiari (gli attori) e adattandosi
ai loro movimenti senza seguire un copione. Un film scritto
(la sceneggitura è di Jenny Lumet, figlia di Sidney)
ma privo di una pianificazione delle inquadrature. Niente
è stato studiato a tavolino, tutto è stato improvvisato.
Proprio come si fa in casa quando si vuole registrare un evento
da ricordare. Una specie di filmino casalingo, "il più
bel filmino casalingo mai realizzato" come si auspica
lo stesso Demme.
Quello che ne esce è un ritratto di famiglia in un
interno. Scorticato, infranto, deturpato da incomprensioni,
invidie e rancori. Tra lacrime e risate. Confessioni e pentimenti.
Fughe e riappacificazioni. La famiglia si sgretola, i valori
si disperdono e la chiarificazione latita. Quello che è
stato continua ad essere. Non c'è redenzione per un
passato indissolubile. E anche quando tutto sembra essere
sopito basta un minimo dettaglio per rievocare i fantasmi
di un peccato imperdonabile. La catarsi non ha modo di esistere.
Se non in una dimensione egoica e autoreferenziale. Non c'è
condivisione del malessere. Si resta soli anche alla fine.
Dopo un abbraccio riparatore che non può nulla contro
la distanza incolmabile dei cuori.
Un melodramma che riecheggia Cassavetes e Altman avviluppandosi
sul viso da fumetto stropicciato di Anne Hathaway, musa decadente
di una vita a perdere, soprendentemente dannata ed innocente,
con quell'avvenente malinconia che solo la cosciente inadeguatezza
ti conferisce. Presentato in concorso alla 65a Mostra Internazionale
d'Arte Cinematografica di Venezia.
[marco catola]