Un
malavitoso lillipuziano alto meno di un metro. Un giovane
marito ansioso di diventare padre. Una moglie in carriera
che vorrebbe un’affermazione professionale prima di
sperimentare le gioie date dalla maternità. Un nonnetto
arzillo e sospettoso.
Questi i personaggi principali che si intrecciano e danno
vita alla commedia Quel nano infame
(Little Man) ideata, prodotta
e interpretata dalla famiglia Wayans.
Due sposini si ritrovano invischiati in rocambolesche vicissitudini
e pericolosi intrighi quando trovano fuori dalla propria soglia
di casa un bebè abbandonato e decidono di prenderlo
con loro, accogliendolo in casa. La giovane coppia si ritrova
a dover affrontare una marea di guai per l’apparentemente
innocuo bimbetto catapultatosi di colpo nella loro vita.
In realtà l’infante è un duro e cinico
ladruncolo di professione che si è camuffato da neonato
per recuperare un diamante rubato finito per caso nelle tasche
degli ignari aspiranti genitori. Da qui si sviluppa il resto
della storia su equivoci e malintesi.
Da sottolineare la difficoltà che ha incontrato Marlon
Wayans nell’interpretare il “nano infame”.
Nella recitazione ha dovuto usare solo la testa senza potersi
aiutare con il corpo. L’attore “ha trasformato
il proprio viso in una maschera incredibilmente plastica da
cartone animato”, spiega il produttore Rick Alvarez,
per potenziare al massimo la sua capacità espressiva
tutta racchiusa nella sua mimica facciale.
Un’altra difficoltà incontrata da parte dei due
fratelli protagonisti della storia è quella di non
aver mai girato insieme una sola scena, situazione in cui
è complicato mantenere lo stesso ritmo, soprattutto
per Marlon che ha recitato in un isolamento totale. Ma nonostante
la bravura degli interpreti nel superare tali difficoltà
tecniche, la figura del nano rimane sempre innaturale e poco
realistica.
Nel complesso il risultato è davvero scadente. Oltre
alle battute di cattivo gusto e di facile effetto, la trama
non ha nulla di veramente nuovo, le gag ripercorrono molti
luoghi comuni e si muovono su tracciati già battuti
in precedenza, in modo più originale e intelligente,
da altre pellicole.
Nessuna emozione, il cervello si spegne e si ha la sensazione
di perdere soltanto del tempo.
Un film noioso e insipido. Davvero difficile rimaner seduti
e vederlo fino alla fine. [vanessa menicucci]