Chissà
cosa avrebbero provato Caye e Zulema vedendo il pubblico della
sala cinematografica entusiasmarsi, commuoversi, sorridere
al mondo fiabesco di Pretty Woman,
la versione moderna della favola di Cenerentola, in cui una
prostituta viene salvata da un miliardario che s’innamora
di lei.
Forse Caye si sarebbe lasciata andare agli stessi sentimenti
del pubblico, lei che si rifugia spesso nei sogni per proteggersi
dalla realtà così vuota, ma che, una volta fuori,
si sarebbe resa conto dell’assurdità della storia
e sarebbe tornata a immaginare come sarebbe bello avere un
fidanzato che venga a prenderla al lavoro. Zulema probabilmente
non sarebbe mai andata a vederlo se non fosse stato per assecondare
l’amica Caye; sarebbe stata infastidita e poi rattristata
dalle immagini di Julia Roberts così felice e sorridente.
Caye e Zulema sono due prostitute che vivono a Madrid. Appena
conosciute hanno trovato l’una nell’altra il proprio
complementare e un’amica fidata. La prima è spagnola,
ha un aspetto poco attraente e, nonostante sogni una vita
“normale”, accetta il suo lavoro quasi come se
lo fosse. Zulema è a Madrid da clandestina, è
bellissima e ingoia il sudiciume del suo lavoro per mantenere
un figlio lasciato in patria.
Fernando León de Aranoa scrive, dirige e produce un
film profondo e delicato che racconta la storia della complicità
che nasce dalla diffidenza e si evolve in uno splendido confronto
femminile in cui la macchina da presa sembra entrare in punta
di piedi. La magistrale regia ha infatti il pregio di adeguarsi
al tono del plot. Grazie all’uso della camera a spalla
e, spesso, della luce naturale, il film ha il sapore del Dogma
95 danese, nel consentire allo spettatore di entrare nella
realtà del film, senza invaderla. Così camminiamo
con le due protagoniste tra le bancarelle dei mercati, stiamo
con loro nei momenti difficili e le osserviamo a distanza,
attraverso un vetro, nelle situazioni più riservate.
Candela Peña e Micaela Nevárez regalano un’interpretazione
impeccabile, frutto dell’ottima scrittura dei ruoli
che ha permesso loro di immedesimarsi totalmente con la vita
dei personaggi. “Ancora ci chiediamo come sia possibile
che un uomo possa scrivere un film sulle donne come questo
- afferma la Nevárez - mi ritrovo continuamente
a parlare di Zulema. Racconto delle cose e mi vengono le lacrime
agli occhi. Per me Zulema è un essere umano che ha
vissuto veramente insieme a me per tutto questo tempo.”
Il film è nel complesso molto luminoso e colorato,
lontano dalle immagini scure e losche della prostituzione.
Alcuni momenti sono ironici e scanzonati, come le discussioni
all’interno del negozio di parrucchiere dove trascorrono
molte ore le prostitute; un microcosmo ilare e leggero, in
cui Caye trova l’atmosfera di familiarità che
non ha a casa della madre.
Il piccolo percorso nelle vite delle due “principesse”
è accompagnato dalle musiche di Alfonso de Vilallonga
e di Manu Chao, che si dividono rispettivamente il lato emotivo
e intimo e quello più esteriore che aggancia la storia
alla realtà circostante. [federica
scarnati]