La premiere etoile
id.
Regia
Lucien Jean Baptiste
Sceneggiatura
Lucien Jean Baptiste,
Marie-Castille Mention-Schaar
Fotografia
Myriam Vinocour
Montaggio
Hachdé
Scenografia
Charlotte Vimont
Costumi
Laurence Benoit
Musica
Erwann Kermorvant
Interpreti
Firmine Richard, Lucien Jean-Baptiste, Anne Consigny, Jimmy Woha-Woha, Bernadette Lafont
Produzione
Vendredi Film France 2 Cinema Rhône-Alpes Cinéma, Mars Distribution
Anno
2009
Nazione
Francia
Genere
commedia
Durata
90'
Distribuzione
Nomad Film
Uscita
26-03-2010
Giudizio
Media

A partire da uno spunto provocatorio, “Avete mai visto un uomo di colore sciare sulla neve?”, Lucien Jean Baptiste star televisiva e cinematografica francese, per l’esordio alla regia con cui ha ottenuto una nomination ai Cesar, attinge ai ricordi di infanzia, quando la madre di origini antillane organizzò una vacanza per i sei figli nelle Alpi negli anni sessanta. Il regista nell’adattamento però ha trasferito la vicenda negli anni ottanta adottando come punto di vista quello di un padre imbranato e viziato che non è mai veramente diventato adulto.
Jejè non ha un lavoro ma ha una splendida famiglia, tutto merito della moglie Suzy, che ha saputo educare i ragazzi ed è stata capace di contenere gli eccessi del marito scansafatiche, che appena ha due euro in tasca li spende alle corse dei cavalli. In più Jejè è pigro e passa il tempo con gli amici al bar, trascurando doveri e impegni che Suzy faticosamente gli rimedia, come il fatidico concorso alle poste, vero riscatto sociale per un’intera generazione di immigrati dalle isole caraibiche. Ma il vero talento di Jejè che di volta in volta è pregio e difetto, è la parlantina, travolgente e contagiosa con cui arruffiana il suo pubblico e con cui riesce ad apparire meglio di quello che è. Finché questa parlantina non lo tradisce e diventa un’arma contro se stesso. A forza di spararla grossa, Jejè rimane ostaggio delle sue stesse bugie che non può mantenere e per non soccombere sotto le minacce di separazione della moglie, pianifica l’avventura più folle della sua vita, portare i tre figli a sciare sulla neve. Ben presto nel quartiere la voce circola fino a diventare una barzelletta, tra chi non ha fiducia che possa rimediare quasi duemila euro per la spedizione e chi addirittura ne fa una questione razziale, ma tutti alla fine vengono conquistati dall’idealismo di Jejè il sognatore, degno erede della tradizione dell’eroe alla Frank Capra e che ha pochi epigoni a dir la verità nella commedia francese.
Contro ogni aspettativa scatta la catena di solidarietà e l’intero circondario si mobilita per aiutare la famiglia sgangherata, prestandogli scarponi, sci e tutta l’attrezzatura fino ad una pacchiana automobile sportiva più adatta alle piste sull’asfalto che a quelle sulla neve. Ma il punto di forza del film è la madre di Jean Gabriel, interpretata da una Firmine Richard strepitosa a cui il protagonista si affida per tirarsi fuori dai guai. Una madre molto lontana dagli stereotipi della mamma premurosa e mediterranea a cui siamo abituati in Italia e che sempre più a lungo si sostituisce ai figli in tutto e per tutto anche oltre la maggiore età. Qui la signora antillana cresciuta con il mito di De Gaulle rappresenta il giusto contraltare ad un figlio irresponsabile e senza giudizio e forse i pezzi più gustosi sono gli scambi dialettici tra i due protagonisti, anche se come da copione si finisce per sostenere e tifare per Jejè nell’impresa che fin dall’inizio si rivela oltre le sue possibilità.
Commedia calibrata e intelligente “Le premiere etoile”, che deve il suo titolo alla medaglia che assegnano agli sciatori in erba, ha un ritmo diseguale, che carbura in maniera molto lenta, con un prologo che non ha nella sintesi la sua qualità migliore, ma che nella seconda parte trova gli spunti più originali e divertenti. Nella descrizione di una famiglia antillana a metà strada tra l’archetipo irriverente dei Simpson e quella dei cinepanettoni nostrani, il film non ha l’indulgenza e la compiacenza per la volgarità di De Sica e Boldi, ma nemmeno la trasgressione surreale dei cittadini di Springfield.
Resta una commedia stagionale per famiglie, sincera e positiva che scivola via, come i personaggi che si sbizzarriscono in prevedibili gag sulla neve, ed è la risposta migliore a quello che il mercato oggi chiede in tempi di crisi. È un’opera che sa regalare un sorriso, senza apparire dissacrante né tantomeno scoppiettante. Il contrasto di colore tra il nero della pelle dei protagonisti e il bianco delle Alpi, è la scintilla che accende il motore della vicenda ma che poi si stempera in una lezioncina universale e moraleggiante su come diventare adulti e imparare ad educare una famiglia, senza tradire la propria natura. [matteo cafiero]