Chi l’ha
detto che per fare un buon film occorrano necessariamente
grandi budget, attori di fama, registi navigati? A volte un’idea
ben sviluppata attraverso dialoghi leggeri e verosimili, attori
non-attori in parte, regia leggera al servizio di una sceneggiatura
brillante. Questo è Pranzo di ferragosto, selezionato
alla Settimana Internazionale della Critica e vincitore del
premio miglior opera prima, sebbene il suo autore e sceneggiatore
sia un brillante 60enne. Gianni Di Gregorio, attore romano,
sceneggiatore per Matteo Garrone (Gomorra)
qui produttore. Gianni, un uomo di mezz’età,
figlio unico di madre vedova, vive con sua madre in una vecchia
casa nel centro di Roma.
Tiranneggiato da lei, nobildonna decaduta, trascina le sue
giornate fra le faccende domestiche e l’osteria. Il
giorno prima di Ferragosto l’amministratore del condominio
gli propone di tenere in casa la propria mamma per i due giorni
di vacanza. In cambio gli scalerà i debiti accumulati
in anni sulle spese condominiali. Gianni è costretto
ad accettare.
A tradimento, l’amministratore si presenta con due signore,
perché porta anche la zia che non sa dove collocare.
Gianni, travolto e annichilito dallo scontro fra i tre potenti
caratteri, si adopera eroicamente per farle contente. Accusa
un malore e chiama un amico medico che lo tranquillizza ma,
implacabile, gli lascia la sua vecchia madre perché
è di turno in ospedale. Gianni passa ventiquattrore
d’ inferno. Quando arriva il sospirato momento del congedo
però le signore cambiano le carte in tavola…
Ispirato ad un fatto realmente accaduto a Di Gregorio –
“Nell’estate del 2000 realmente l’amministratore
del condominio, sapendomi moroso, mi propose di tenere sua
madre per le vacanze di ferragosto. In un sussulto di dignità
rifiutai, ma da allora mi chiedevo spesso cosa sarebbe potuto
succedere se avessi accettato.” – la forza del
film è tutta nell’umanità delle quattro
signore protagonisti, tutte non-attrici, che a discapito della
loro età, mantengono nella vita come sullo schermo
la freschezza e la genuinità di altro stampo.
“Per le attrici, - prosegue il regista - dopo aver incontrato
delle professioniste, ho scelto delle signore che non avevano
mai recitato, prive di vizi formali, in base alla forza della
loro personalità. Durante le riprese mi hanno travolto,
la storia cambiava in base ai loro umori ma l’apporto,
in termini di spontaneità e verità, è
stato determinante. Alcune riprese le ho addirittura rubate.”
Fuori dalle macchiette di tanto cinema italiano, Pranzo
di Ferragosto viaggia sul filo leggera della sobrietà
di stile, di dialoghi e situazioni capaci di stringere il
cuore e commuovere con una sincerità di spirito antico
e moderno al contempo. Appalusi a scena aperta e lunghe file
fuori le sale alla 65 Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica
di Venezia. [fabio melandri]