Pollo alle prugne
Poulet aux prunes

Anno 2011

Nazione Francia, Germania, Belgio

Genere drammatico

Durata 91'

Uscita 06/04/2012

distribuzione
Officine UBU

Regia
Marjane Satrapi,
Vincent Paronnaud
Sceneggiatura
Marjane Satrapi,
Vincent Paronnaud
Fotografia
Christophe Beaucarne
Montaggio
Stéphane Roche
Scenografia
Udo Kramer
Costumi
Madeline Fontaine
Musica
Olivier Bernet
Produzione
Blueprint Pictures
Interpreti
Mathieu Amalric,
Chiara Mastroianni, Mathis Bour,
Isabella Rossellini, Edouard Baer,
Maria de Medeiros, Golshifteh Farahani, Eric Caravaca,
Serge Avédikian

 

Il fascino di questo film ha inizio con la storia della sua regista Marjane Satrapi che i frequentatori dei festival cinematografici avranno già avuto piacere di incontrare alla premiazione di Cannes 2007 quando le venne consegnato il Premio della Giuria per Persepolis, film d’animazione autobiografico, distribuito in Italia nel febbraio 2008.
Se parliamo di Satrapì però non parliamo di un’animazione qualsiasi. Le sue pellicole infatti sono entrambe un’ originale trasposizione cinematografica delle sue novelle grafiche. In Persepolis, storia di se stessa, l’animazione adottata ricalca il fumetto, dal tratto scabro e quasi interamente in bianco e nero. In Pollo alle prugne, storia si suo zio, pur avvalendosi di attori in carne ed ossa, la regista adotta una narrazione onirica e spesso visionaria la cui matrice fumettistica attribuisce all’intero film un gusto estetico molto originale. Le immagini pur se sobrie ed essenziali mostrano fino all’ultimo dettaglio una cura minuziosa e funzionano spesso solo da impalcatura di un pensiero, da espressione di un sentimento. I numerosi rigoli di fumo di sigaretta che ricorrono spesso nei suoi fumetti, si elevano nel film fino ad avvolgere lo schermo. Atmosfere naif di alberi dai rami ispidi, un solo fiocco di neve che scende sulla città, un ponte lontano ed un treno che passa. E poi scene in cui il protagonista non è più il personaggio ma la sua ombra o una sua parte del corpo. Piedi che corrono, labbra rosse nel buio e ancora anelli di fumo che si susseguono. A scene dai colori tenui, quasi inesistenti e alle sfumature del grigio e del seppia, si accostano colori vivaci o predominanti, acquarelli più o meno decisi che mescolano la passione con il buio della solitudine, la poesia con il dolore, l’amore con la morte. L’interpretazione della Satrapì di queste emozioni avviene immergendole tutte in un mondo folle e che diverte.
La regista Iraniana, trapiantata in Francia, racconta la storia di Nasser-Ali, un famoso musicista, suo zio, che lei ha avuto modo di conoscere solo in foto.
Nasser-Ali ha perduto il suo Stradivari, che nel fumetto è un Tar, strumento tipico dell’Iran e dell’ Afghanistan. Lo Stradivari viene rotto per rabbia dalla moglie di Nasser-Ali che soffre l’indifferenza del marito, Senza considerare la disparità del danno economico che passa dal distruggere uno Stradivari piuttosto che un Tar, forse il primo come idea cinematografica funziona meglio. Fatto sta che Nasser-Ali al cinema suona un violino! Un violino dalle note uniche che lui non riuscirà mai più a trovare tra i numerosi modelli che proverà in seguito. Fino a cadere in depressione e a voler morire.
Allora, dov’è l’amore? Nasser-Ali ha sposato una donna che non gli piace, solo per fare piacere alla madre, dalla quale a sua volta non si sentiva amato abbastanza, per colpa di un fratello migliore di lui, o solo più diligente. L’elegante volto Lancome di Isabella Rossellini si trasforma in una madre morente e gran fumatrice che Nasser-Ali veglia sino alla morte, avvolto dal fumo della sigaretta di lei e dalla sua visione della vita. Il fumo continuerà ad uscire dalla sua stanza, poi dalla tomba. E l’amore? Nasser-Ali si accosta alla morte con l’immaginazione, cerca il modo più semplice e sicuro perché lei lo venga a prendere senza troppo soffrire. E l’angelo della morte arriva e gli racconta una storia. L’umanizzazione della cosa più spaventosa ed incomprensibile per l’uomo, abbatte i pregiudizi che si hanno su di lei e il pubblico ci riderà su. Ma il musicista deve ancora aspettare, le note si sgretolano e Nasser-Alì non riesce a morire perché qualcuno prega per lui, come lui pregava per la madre.
E l’amore? L’amore è dietro l’angolo per piangerlo e per condannarlo a morte, offrendogli il suo piatto preferito, Pollo alle Prugne.
Gli otto giorni di tempo che ci mette il musicista per morire, ci permettono di conoscete, tramite dei salti nel tempo, la vita del protagonista, la sua famiglia e l’Iran del 58. Continua il ritratto intimo della famiglia di Marjan Satrapì, come fece già con Persepolis in cui ci presentò una nonna estremamente moderna, per disincantare il mondo troppo spesso carico di pregiudizi nei confronti di un Iran pronto a morire per amore.
[silvia langiano]