Poetry
Si
Regia
Lee Changdong
Sceneggiatura
Lee Changdong
Fotografia
Kim Hyunseok
Montaggio

Kim Hyun

Scenografia
Sihn Jeomhui
Costumi
Lee Choongyeon
Musica
------------
Interpreti

Yun Junghee, Lee David, Kim Hira, Ahn Naesang, Kim Yong - Taek

Produzione
Lee Joondong, Lee Dongha, Youm Taesoon, Choi Seongmin, Lee Changdong
Anno
2010
Nazione
Corea del Sud
Genere
drammatico
Durata

139'

Distribuzione
Tucker Film
Uscita
01-04-2011
Giudizio
Media

Fosse stato furbo, Lee Changdong avrebbe cavalcato l'onda dell'entusiasmo per il nuovo cinema coreano e per il suo acclamatissimo “Oasis”in particolare e avrebbe tirato fuori nuovi titoli a cadenza regolare. Al contrario, una rapida occhiata alla sua esile filmografia mostra come possano passare tranquillamente cinque anni tra un'uscita e l'altra, segno di una cura e una ricercatezza quasi anacronistiche al giorno d'oggi.
Al centro di questa sua ultima fatica c'è l'ultrasessantenne Mija (Yun Junghee), donna attiva e sui generis, impegnata dal ruolo di unico genitore nei riguardi di un nipote adolescente e apatico (la madre del ragazzo, sua figlia, dopo la separazione vive lontano) e dall'assistenza ad un vecchio disabile ricco e avaro. La donna decide di iscriversi ad un corso di poesia per imparare così a scrivere i suoi primi versi, proprio prima di venire a sapere che è affetta da uno stato iniziale di demenza senile. A sconvolgere definitivamente la sua bizzarra normalità arriverà l'insopportabile accusa nei confronti del nipote di aver stuprato insieme ai suoi amici una compagna di scuola, spingendola fino al suicidio.
Sintetizzare la trama di questo film significa necessariamente non rendergli giustizia, tanti sono i rimandi e i sottotesti che scaturiscono dall'intreccio principale. Vale la pena almeno spiegarne il titolo, che non intende per “poesia” frasi a effetto e storie toccanti, come neppure le lente riprese stilisticamente ricercate che spesso sono associate al cinema orientale. Nelle parole dell'insegnante del corso, la poesia è solo una nuova e più profonda maniera di vedere e sentire ciò che ci circonda e non una tecnica. Da questo deriva una fotografia realistica e discreta, la mancanza di musiche originali e lo scenario prettamente e tristemente urbano.
La sfida così poco moderna di rendere utile e viva la poesia oggi viene clamorosamente vinta proprio a fronte di una storia forte e di una descrizione di un mondo squallido e reale, in cui i padri dei ragazzi organizzano un indennizzo economico per la madre della vittima con la stessa indifferenza con cui si risarcisce un banale incidente stradale e non c'è traccia di rimorso o di pietà, neanche nei più giovani. L' unica via per trovare un senso anche ai drammi più insopportabili viene proprio dagli occhi nuovi di Mija, che quando incontra la madre della ragazza le spiega (con una poetica metafora) che le susine cadute prematuramente dagli alberi sono le più preziose, perchè si sacrificano affinchè altri alberi e altra natura possano crescere con la loro fermentazione.
Di questa opera ricca e magistralmente interpretata la giuria di Cannes 2010 ha scelto di premiare la sceneggiatura, firmata dallo stesso regista, che pure presenta qualche pesantezza e tradisce la provenienza dal romanzo di Changdong, con la sua costante attenzione alle sfumature e ai dettagli, talvolta anche a discapito della scorrevolezza. Eppure non si può che essere d'accordo, non foss'altro che per lo splendido finale aperto, che ridefinisce una pratica fin troppo abusata nei film d'autore e non solo: qui i fatti vengono giustamente narrati e non lasciati in sospeso, mentre allo spettatore è lasciato il compito e lo stimolo di trovare, se vuole, la propria morale senza venire imbeccato dall'autore: una vera apertura degli orizzonti insomma e non una banale assenza di scelta.
[emiliano duroni]