“Non
c’è nessuna intenzione di voler criticare, ma solo
di raccontare. E’ bene far sapere cosa accadeva in Irlanda
tra gli anni 50 e 60”, è quello che dichiara Stephen
Frears nel presentare il suo ultimo film alla 70 mostra di Venezia.
E tutto questo, lo racconta attraverso la storia, realmente
accaduta, di Philomena.
Siamo in Irlanda nel 1952. Philomena,
allora adolescente, rimane incinta e, come ogni “donna
caduta nel peccato”, viene ripudiata dalla sua stessa
famiglia e rinchiusa nel convento di suore di Roscrea. Come
lei, tante altre sue coetanee subiscono la stessa sorte. Senza
possibilità di reazione o replica, si vede sottrarre
suo figlio di pochi anni e dato in adozione ad una famiglia
statunitense.
Passano gli anni, ma Philomena
non ha mai potuto dimenticare quel bambino, di cui le rimane
solo una foto, scattata qualche giorno prima il loro ultimo
giorno insieme. Conosce Martin Sixsmith, famoso giornalista
britannico, che, anche se con iniziale scetticismo, si appassiona
sempre di più alla storia di questa “strana”
signora irlandese di mezza età. Inizia così
un’estenuante ricerca che dall’Inghilterra, li
porta in Irlanda fino ad arrivare negli Stati Uniti, dove
una triste realtà li attende.
Quella
di Philomena
è una storia avvincente e commuovente. L’opera
attenta di Fears è sviluppata attraverso questi due
incredibili e contrapposti personaggi, Philomena (magnificamente
interpretata da Judi Dench) e Martin, ed il loro inaspettato
legame: una strana coppia, che, nonostante la tragicità
dell’argomento, spesso durante tutto il film, diverte
per la spontaneità o eccessiva genuinità, senza
dare spazio ad inutili manifestazioni drammatiche.
Fears riesce nel suo intento di non giudicare, ma solo di
raccontare attraverso gli occhi di chi si avvicina per la
prima volta a questa storia e di chi, invece, nonostante le
ingiustizie subite, non fa mai vacillare la sua fede religiosa
per cadere nella autocommiserazione. Un film quindi ben riuscito,
che non può deludere le aspettative di chi lo guarda,
aprendo allo stesso tempo una finestra di riflessione su queste
realtà, tenute nascoste per molto, anzi forse troppo,
tempo.
[maria mineo]