Roma,
1947, reparto ostetricia. Il conflitto è finito da
tre anni ma la città come i suoi abitanti portano in
se ancora ferite e lacerazioni. Nina (Anita Caprioli) viene
ricoverata in anticipo per via di complicazioni. Nella camerata
che la ospita farà la conoscenza delle altre degenti
con le quali instaurerà un rapporto di reciproca solidarietà
e supporto. Storie di difficoltà e privazioni, abbandono
e tradimenti, amore, passioni, tenerezza si alternano sovrapponendosi
e descrivendo un microcosmo al femminile di tanto in tanto
contaminato dalle deboli e defilate ombre maschili. Mariantonia
Avati debutta al lungometraggio con questo Per non dimenticarti
con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali (opera riconosciuta di Interesse Culturale Nazionale,
?) e la benedizione di papà Avati, del quale la figlia
riprende le medesime virtù di descrizioni di caratteri
e ambienti in una narrazione che però soffre di eccessive
lungaggini e sottolineature.
Un film da camera, girato quasi completamente in interni che
sebbene risulti prevedibile nel suo svolgimento, è
da segnalare per la prova del suo cast femminile, mentre quella
maschile capeggiata da un Ettore Bassi misurato e volutamente
sottotono, dalla machietta Lillo e dal sempre meno espressivo
Massimo Bonetto che riesce a fatica a reggere un primo piano,
risulta nel complesso evanescente e puramente accessorio.
Cinema fotocopia di famiglia
di cui non ne sentivamo assolutamente la necessità,
Per non dimenticarti segna un debutto altalenante, chiaroscurale
come la fotografia di Cesare Bastelli e con coloriture eccessivamente
melodrammatiche come la musica di Stefano Arnaldi.
[fabio melandri]