“Nel
romanzo di Gianrico ho visto subito l’opportunità
di fare un film privo di compromessi e di ipocrisie, di poter
andare diritto al cuore delle mie paure, sperimentandomi in
un territorio pericoloso e affascinante, quello tra film di
genere e romanzo di formazione. Un territorio di mezzo, indeterminato
e incerto, che permette di moltiplicare gli interrogativi
di partenza all’infinito: cos’è il bene,
cos’è il male, cos’è l’amicizia,
cos’è l’amore, cos’è la violenza,
cos’è la giustizia…”
Così Daniele Vicari, apprezzato autore di Velocità
Massima, racconta la genesi del suo ultimo lavoro tratto dall’omonimo
romanzo del giudice giallista Il passato
è una terra straniera.
Studente modello, figlio di intellettuali borghesi, Giorgio
conduce la vita normale e ordinaria di un ragazzo di ventidue
anni. Una vita senza crepe, almeno in apparenza, fino a quando
una sera incontra Francesco. Bello ed elegante, esercita su
uomini e donne un fascino misterioso e oscuro. Per vivere
gioca a carte, sa vincere, ma più che fortunato è
un abile baro e sembra avere in mano le chiavi per il successo.
Passando da partite truccate a viaggi reali e immaginari,
attraversando letti senza amore con donne di lusso annoiate,
imparando a muoversi nei luoghi dove la buona e la cattiva
società sembrano confondersi, Giorgio vede l'immagine
di se stesso sgretolarsi per lasciare posto a qualcosa di
sconosciuto. E' inarrestabile la discesa agli inferi che lo
trasporta in un luogo dell'anima fino a quel momento ignoto.
Il romanzo di Carofiglio, declinato da giallo investigativo
sulla pagina scritta a discesa agli inferi nelle immagini
filmate, rispetto al romanzo pone il suo obiettivo sul rapporto
sempre più morboso, dipendente, malato tra i due protagonisti,
l’anima candida Giorgio (un ottimo, ma ormai non fa
più notizia Elio Germano) ed il bullo Francesco (la
rivelazione Michele Riondino) che sebbene alla lontana ricorda
quello padrone-maggiordomo nel capolavoro di Losey Il servo.
Vicari sceglie un taglio netto rispetto al romanzo originale,
grazie al contributo dello sceneggiatore Massimo Gaudioso
(L’imbalsamatore, Gomorra), per raccontare un viaggio
doloroso e inquietante nei territori della mente, con le musiche
di Theo Teardo (L’amico di famiglia, Il Divo) che caricano
il tutto di una drammaticità inesorabile.
Il finale, con la rivelazione del passato di Francesco, è
un po’ forzato e poco coerente con il resto della rappresentazione,
ma nulla toglie a Il passato è
una terra straniera il merito di un solido prodotto
di genere, lontano dai clichè e da un’estetica
televisiva imperante nel giallo all’italiana.
[fabio melandri]