Parole d'amore
Bee Season
Regia
Scott McGehee, David Siegel
Sceneggiatura
Naomi Foner Gyllenhaal
Fotografia
Giles Nuttgens
Montaggio
Lauren Zuckerman
Musica
Peter Nashel
Interpreti
Richard Gere, Juliette Binoche, Joan Mankin, Flora Cross, Kate Bosworth
Anno
2005
Durata
104'
Nazione
USA
Genere
sentimentale
Distribuzione
IIF Italian International Film
Tratto dal romanzo 'La stagione delle api' (in originale 'Bee Season', ben più suggestivo del terribile titolo italiano) di Myla Goldberg, vero caso letterario oltreoceano, trattandosi di un esordio, con 500.000 copie vendute, Parole d’amore non è come ci vorrebbero suggerire i traduttori italiani una storia d’amore. O meglio non è solo una storia d’amore, peraltro non da intendersi in senso classico (l’amore c’è in questo film ma non è semplicemente tra un uomo e una donna come anche locandina e trailer potrebbero far pensare, se mai tra un uomo e la sua famiglia), ma affronta tematiche ben più auliche (a seconda dei punti di vista certo) come il rapporto individuale con Dio e la disgregazione della famiglia borghese americana.
Storia dolceamara di quattro solitudini tenute insieme come una fragile gemma di cristalli in quel sempre più complicato nucleo di contraddizioni etico-morali che è la famiglia: Saul, padre fin troppo premuroso e impegnato professore di studi religiosi; Miriam, madre inquieta in balia del trauma infantile della perdita dei genitori; Aaron, figlio adolescente in cerca di quelle risposte esistenziali che alla sua età non si riescono mai a trovare; la piccola Eliza, campionessa di spelling (sillabazione delle parole) della sua scuola, in fervente attesa della spelling bee, la competizione nazionale di questa disciplina tutta americana. Inutile dire che la meravigliosa gemma che si profila sin dall’inizio è destinata ad infrangersi pericolosamente quando l’equa bilancia degli affetti si inclina. E così Saul vede nella (povera) figlioletta un nuovo Abulafia, figura mistica dell’Ebraismo capace di perdersi, proprio come Eliza, nell’impervio mondo delle parole per raggiungere Dio; Miriam vaga di notte per le strade inseguendo una luce (divina?) che solo lei vede e componendo mosaici di vetri rubati un po’ ovunque; Aaron, sentendosi sostituito dalla sorellina nel cuore del padre, abbandona il proprio credo lasciandosi affascinare dai riti orientali; Eliza deciderà di perdere la sua gara di spelling per rimettere insieme i mille pezzi in cui si è frantumata la sua famiglia.
Decisamente un film misterioso, crepuscolare, ermetico. Niente a che vedere con i polpettoni romantici che impazzano a Natale nelle nostre sale. I due registi, che avevano girato The Deep End (I segreti del lago), thriller ipnotico con Tilda Swinton sempre incentrato sull’ambiguità morale della famiglia, confermano un certo gusto entomologico per i caratteri individuali e per la dispersione dei valori della società americana. In realtà sembra che non sappiano bene dove andare a parare e spesso perdono la bussola con soluzioni fin troppo semplicistiche (la scelta finale di Eliza, la malattia mentale di Miriam, il repentino avvicinamento di Aaron agli Harikrishna) ma avendo a che fare con parole (non d’amore) e con Dio… [marco catola]