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Anno
2011
Nazione
USA
Genere
drammatico
Durata
110'
Uscita
17/02/2012
distribuzione
20th Century Fox |
Regia |
Alexander
Payne |
Sceneggiatura |
Alexander
Payne,
Nat Faxon, Jim Rash |
Fotografia |
Phedon
Papamichael |
Montaggio |
Kevin Tent |
Scenografia |
Jane
Ann Stewart |
Costumi |
Wendy Chuck |
Musica |
Dondi Bastone |
Produzione |
Ad
Hominem Enterprises,
Fox Searchlight Pictures |
Interpreti |
George
Clooney, Shailene Woodley,
Beau Bridges,
Robert Forster,
Judy Greer,
Matthew Lillard,
Nick Krause,
Amara Miller |
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Si è
soliti pensare che in un luogo bello, elegante, molto chic,
meta turistica ambita da molti, non possa capitare nulla di
brutto. “I miei amici sono tutti convinti che dato che
abito alle Hawaii – ci introduce la voce di Matt King
- vivo in un paradiso. Come se fossimo sempre tutti in vacanza,
a bere Mai Tais ancheggiando sulla spiaggia e a tuffarci fra
le onde. Ma sono matti?”
Già matti... Perchè proprio le Isole Hawaii,
con le sue camice sgargianti, i tramonti da cartolina, le
acque cristalline è il luogo in cui si svolge il dramma
di Matt King, un posatissimo George Clooney, che dovrà
subire prima l'incidente acquatico che condurrà l'amata
moglie in coma, poi la scoperta del tradimento da parte di
questa, infine impegnato nella difficile ri-fondazione di
un rapporto con la figlia più grande ribelle e la costruzione
ex novo con la più piccola. Nel mezzo la decisione
se vendere o meno la terra di famiglia, una striscia di spiaggia
tropicale di inestimabile valore, che la famiglia King ha
ereditato dai reali hawaiani e dai missionari.
Alexander Payne, il regista di
A proposito di Schmidt e Sideways
– in viaggio con Jack con cui si è
aggiudicato un meritato Oscar per la sceneggiatura, prendendo
come spunto il romanzo Kaui Hart Hemmings, The
Descendants, costruisce un interessante melodramma
il cui pregio maggiore è quello di non accentuare troppo
il pathos del dramma attraverso una leggerezza di scrittura
con incursioni nel campo della commedia, una recitazione mai
sopra le righe da parte di tutto il cast, una direzione registica
capace di accompagnare i diversi momenti senza mai troppo
accentuarli.
Così la storia di questo viaggio di redenzione del
protagonista per una vita vissuta troppo concentrato su se
stesso piuttosto che su chi lo circondava, che passa dalla
scoperta del tradimento, all'elaborazione del lutto, fino
al perdono finale, si fa apprezzare per sobrietà, equilibrio
e dosaggio dei ricatti emozionali poco frequentati nel cinema
contemporaneo. Certo il finale esula da tutto questo, ma è
un peccato veniale perdonabilissimo che comunque regala intensi
e sinceri momenti di profonda commozione. Preparare i fazzoletti
prima di entrare in sala, please... [fabio
melandri]
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