Una settimana.
Bastano sette giorni dedicati al “tema dell’autocrazia”
con il professore più coinvolgente della scuola, per
trasformare degli eterogenei liceali in un gruppo unito, vandalico
e violento. Nell’Onda appunto. Com’è stato
possibile?
Il professore Rainer Wenger (Jürgen Vogel) ha una classe
da coinvolgere sul tema dell’autocrazia e pensa bene
di farlo mettendola alla prova. In Germania si conoscono le
conseguenze di quando si affida il potere ad un singolo o
a pochi. I riferimenti al nazismo e al fascismo (questo termine
è usato più del secondo. Scelta della traduzione
o degli sceneggiatori? nrd) gli studenti li conoscono, ne
hanno chiare le dinamiche e sono certi che nel 2009 non può
più accadere una cosa del genere. Eppure giorno dopo
giorno, attraverso l’uso della disciplina e del senso
di appartenenza, fondano un gruppo esclusivo e potente, a
cui rapportarsi. S’inizia con l’obbligo di alzarsi
prima di rispondere a “Herr Wenger”, si prosegue
con la scelta di un abbigliamento uniforme (camicia bianca
e jeans) e di un nome per identificarsi e si arriva lentamente,
ma senza deviazioni, ad atti di vandalismo – con adesivi
e stickers per la città - e violenza gratuita durante
una partita di pallanuoto. Chi non condivide l’Onda
è estromesso dalla vita sociale nella scuola. Dopo
sei giorni, la vicenda sfocia nel dramma, perché “chi
ostacolerà L’onda ne rimarrà spazzato”.
Ma nello sguardo finale di Wenger rimane il dubbio che forse…
Die Welle è tratto dal
romanzo per adolescenti Il segno dell’onda
di Morton Ruhe (pseudonimo di Todd Strasser, ed. Archimede)
che racconta come l’espansione del nazional-socialismo
e l’indottrinamento della popolazione germanica fosse
possibile anche nel 1967, quando un docente di storia Ron
Jones tentò l’esperimento. Da questo testo, molto
noto in Germania, nasce l’idea del film, che contestualizza
la vicenda ai giorni nostri.
Per renderla maggiormente appetibile e “comprensibile”,
Gansel sfrutta, quale cifra stilistica, la lingua universale
della moderna cultura pop giovanile. Non c’è
analisi sociologica dentro L’Onda,
(come invece ne La classe francese)
né l’illustrazione di giovani senza futuro (Albakiara).
La storia è pervasa da un monito e da un senso d’angoscia:
bastano un professore desideroso di riscattarsi socialmente
e dei ragazzi bisognosi di trovare la propria identità?
La pellicola ha vinto il premio “Invito Alla Scuola
golden” per la Miglior Sceneggiatura a Dennis Gansel
e Peter Thorwarth al 26esimo Torino Film Festival (2008).
[valentina venturi]