“Ho
paura che questo non sia un film Rigoroso. In effetti qui
si parla di cani e di sgommate, si vomita due volte, prima
il figlio poi il padre, ci si innamora facendo a gara di rutti
sotto gli archi di un’antica pescheria, si dichiara
il fallimento di una vita sugli autoscontri di un luna park,
si sorride davanti alla lapide di un padre, si manda a fare
in culo i delfini, si corre in mezzo alla strada per fare
un record, si fanno conserve di pomodori, ci si suicida e
con lo stesso slancio ci si bacia. Ad essere proprio sinceri
sinceri, chi aveva tempo per essere Rigorosi?”
Così parla Gianni Zanasi del suo nuovo film, otto anni
dopo A Domani. Non pensarci è una commedia agrodolce
su una famiglia della provincia italiana, quella operosa della
fabbrichetta, che si arrabatta tra una ricchezza costruita
a fatica dal capofamiglia i cui eredi non sono capaci di coltivare
ed accrescere.
Stefano Nardini (Valerio Mastandera) suona da quando aveva
cinque anni e passo dopo passo ecco che dal conservatorio
è finito col diventare una piccola star del punk rock
indipendente. Ma i tempi delle sue foto in copertina sono
passati e adesso a trentasei anni si guarda intorno: suona
con dei ventenni invasati, a casa non ha più né
fidanzata né letto dove dormire, gli è rimasta
giusto una chitarra e un’auto con le portiere che non
si aprono… Insomma è venuto il momento anche
per lui di cercare un riparo, tornare dalla famiglia che non
vede da tempo, riflettere. Ma a casa trova tutt’altro.
Il padre, reduce da un infarto, gioca a golf; la mamma segue
seminari di ‘tecniche sciamaniche’; Michela (Anita
Caprioli) la giovane sorella ha lasciato tutto per dedicarsi
al lavoro con i delfini in un parco acquatico e poi Alberto
(Giuseppe Battiston), il fratello maggiore che ha tutta su
di sé la ‘terribile’ responsabilità
della fabbrica di ciliegie sotto spirito di famiglia…
Preso quasi da subito in contropiede da una serie di rivelazioni
e scoperte famigliari per lui sempre più incredibili,
Stefano si ritrova suo malgrado costretto ad occuparsi assurdamente
e a modo suo di tutti. E alla fine è forse proprio
in questo modo che, dopo tanto tempo e senza accorgersene,
finisce con l’occuparsi di se stesso.
Commedia che ha lo sguardo ironico e disincantato del suo
protagonista Mastandrea, capace con gli anni di una recitazione
fatta di sfumature non solo verbali ma anche mimiche (vedi
la scena in cui scopre il tradimento della fidanzata), la
lievità di Anita Caprioli, in un ruolo che non solo
esalta la sua bellezza ma anche una recitazione fatta di sfumature
e sottotoni, la corposità di Giuseppe Battiston, il
vaso di ceramica costretto a barcamenarsi tra vasi di ferro
di direttori di banca, sindacalisti e genitori sin troppo
ingombranti. Un mondo apparentemente perfetto e felice ma
fondato su inganni e piccole/grandi bugie, capace di andare
in frantumi grazie alla forza della verità e della
sincerità. Un effetto deflagratorio su cui costruire
un nuovo mondo, nuovi rapporti che sebbene non vengano sempre
esplicitati, fondano un nuovo modo di porsi ed affrontare
la vita, finendo finalmente per fidarsi degli altri come il
volo di Stefano dall’altro di un palco musicale sulla
folla sottostante.
[fabio melandri]