Non lasciarmi
Never Let Me Go
Regia
Mark Romanek
Sceneggiatura
Alex Garland
Fotografia
Adam Kimmel
Montaggio
Barney Pilling
Scenografia
Mark Digby
Costumi
Rachael Fleming, Steven Noble
Musica
Rachel Portman
Interpreti

Carey Mulligan, Andrew Garfield, Keira Knightley, Izzy Meikle-Small,
Charlie Rowe, Ella Purnell, Charlotte Rampling, Sally Hawkins

Produzione
DNA Films, Film 4
Anno
2010
Nazione
UK, USA
Genere
drammatico
Durata

103'

Distribuzione
Fox Searchlight Pictures
Uscita
25-03-2011
Giudizio
Media

Contro ogni utopia, nel mondo quasi immaginario della clonazione ed in un asse temporale di poco antecedente ai nostri giorni, la vita media di un uomo si aggira introno ai cento anni. Quando l’ultima conquista dell’umanità, la vita, è ormai scavalcata, l’uomo subisce un regresso dei sentimenti. Così se intromettersi nelle funzioni genetiche del DNA è stato utile a garantire la longevità del genere umano,  lo stesso non si può dire per l’eredità dell’anima.
Ed è proprio quest’ultima ad essere messa in discussione nella pellicola di Mark Romanek e quindi nel romanzo di Ishiguro Kazuo, Never let me go, dal quale Romanek ha tratto ispirazione. Le amiche Kathy e Ruth si contendono il loro compagno di scuola Tommy. Una sorta di adattamento veglia su ogni loro scelta, sui loro sentimenti spesso inaccessibili ed anche Tommy in questa vicenda avrà un ruolo talmente artificiale da risultare  un elemento privo di personalità. Loro sono dei cloni umani, nella scuola tutti i bambini sono dei cloni e come tali circolano leggende umane che essi siano privi di un’anima. Cresceremo con loro, assisteremo alle prime esperienze adolescenziali agli impulsi amorosi e sessuali, ai valori dell’amicizia e ai giochi di squadra e saremo impietositi per loro quando la verità svelata ci vibrerà dentro sonoramente. Sono degli esseri concepiti per la donazione degli organi, pezzi di ricambio e non diventeranno mai adulti.
Tensione assente, istinto dell’autoconservazione assente, lecite riflessioni assenti, cenni tecnici sulla scoperta scientifica assenti. Predomineranno l’ atteggiamento nichilista di tutti e tutti saranno privi di ogni capacità di conoscenza umana. A questo proposito potremmo citare Kant, oppure far tornare alla mente il personaggio Winston del distopico mondo Orwelliano e perché no Il mondo nuovo di Adous Huxley. Ma perché farlo? Il divario sarebbe troppo grande. Infatti mentre per 1984 e per Il mondo nuovo, il messaggio subliminare ci arriva chiaro attraverso un atteggiamento ironico e una fabula strutturata in maniera complessa ed impeccabile permettendoci un climax avvincente, qui, con poca dovizia per l’argomento, l’obiettivo è puntato esclusivamente sui sentimenti umanizzati dei cloni e sull'amicizia che lega i personaggi principali, destinati ad un lento declino senza soluzione, creando una patina impenetrabile distesa lungo tutta la storia.
Madame, la tutrice del collegio di Hailsham , intenta a incoraggiare i rapporti interpersonali tra i ragazzi, sostenendo ogni loro forma di creatività pur di dimostrare che anche i cloni sono provvisti di anima, è un inerme vettore tra il mondo dentro e quello fuori la scuola. Inizialmente le note retrò le frangette bionde e i nasi all’insù dei bambini, la pacatezza e la simpatia nascente tra Kathy e Tommy rendono il film dolce, mai stucchevole e perfettamente adatto alla lentezza con cui viene condotta la cinepresa. Cartine geografiche di un mondo sconosciuto che ondeggiano al vento in aule vuote. Filo spinato in primo piano e sogni fugaci raggiunti sulle note di un audiocassetta. Personaggi pietrificati nel loro stampo, mummie costrette nella tela che li avvolge, risultano inverosimili per un istinto che non riesce mai ad impadronirsi di loro. Euforici per un baratto tra monete di plastica in cambio di bambole mutilate e pezzi di strumenti musicali.
Fino a quando una nota di disincanto uscirà dall’inferocito urlo di Tommy inginocchiato su un’arida strada persa tra i campi, ma ovviamente sarà troppo tardi e nessuno udirà quel suono di clone.
Così quella sceneggiatura suggestiva, come suggestive saranno anche la regia e la fotografia, non ci risparmierà il senso del dolore e della tragedia per volgere poi al totale rifiuto.  [
silvia langiano]