Monaco,
settembre 1972, alla seconda settimana dei Giochi Olimpici,
un commando di estremisti palestinesi conosciuto con il nome
di Settembre Nero, fece irruzione nel villaggio olimpico uccidendo
due membri della squadra olimpica israeliana e prendendone
in ostaggio altri nove. Teletrasmesso in diretta in tutto
il mondo, il sequestro terminò 21 ore dopo con la morte
di tutti gli ostaggi e dei membri del commando.
Le Olimpiadi della Pace e della Gioia come furono chiamate,
divennero quelle dell’Odio e della Morte, palcoscenico
mediatico sul quale consumare l’ennesimo sanguinoso
capitolo della lotta tra palestinesi ed israeliani.
Steven Spielberg, basandosi sul libro 'Vengeance' (Vendetta)
di George Jonas riadattato per il grande schermo dal premio
Pulitzer Tony Kushner, ci racconta ciò che non-accadde
nei mesi successivi, l’“Operazione Ira di Dio”,
l’esecuzione da parte di una cellula non-ufficiale del
Mossad, degli ideatori e fiancheggiatori di Monaco.
Protagonista l’agente sino ad allora non operativo Avner
(un intenso e convincente Eric Bana) coadiuvato da un team
di ‘dilettanti allo sbaraglio’ pronto a viaggiare
l’Europa in lungo ed in largo per compiere il proprio
destino. Figli prediletti e nello stesso tempo rinnegati di
madre Israele, divisi da dubbi laceranti e irrazionali certezze,
tra desiderio di vendetta e necessità di essere giusti
– “Essere ebrei significa essere giusti”
ricorda il fabbricante di esplosivi Robert (Mathieu Kassovitz)
al proprio capo squadra Avner – il gruppo procede inesorabile
verso il proprio destino. E quando semini il male, non sai
esattamente dove questo può mettere radici.
Steven Spielberg ha già in passato esplorato momenti
importanti della Storia con film epici come L’impero
del sole, Schindler’s List
e Salvate il soldato Ryan, puntando
l’obiettivo della sua macchina da presa sul “fattore
umano”, sulle lacerazioni emotive e psicologiche di
quegli uomini che hanno poi scritto la Storia. Munich
rientra in questa tendenza lavorando su un duplice livello
narrativo: quello pubblico delle azioni del commando israeliano
- dall’organizzazione all’esecuzione con intoppi
e dilettantismi inclusi – e quello privato delle psicologie
dei singoli componenti del commando, illustrando i dubbi e
le certezze che accompagnano ed in qualche modo fungono da
giustificante alle loro azioni.
La debolezza di un film come Munich
risiede principalmente in due elementi. Primo l’accademismo
e ripetitività della messa in scena spielberghiana,
che mostra da una parte di aver fatto sua la lezione di “costruzione
della suspence” teorizzata da Hitchcock – sapere
che vi è una bomba pronta ad esplodere è diverso
che assistere ignoranti allo scoppio della medesima bomba
-; ma la reiterazione del canovaccio, appesantisce stancamente
la struttura narrativa rientrando in una meccanicità
senza soluzione di continuità. Il secondo anello debole
della catena risulta una evidente timidezza da parte del regista
nello sposare in toto una “idea”, giusta o sbagliata
che sia. Chiamatelo se volete... cerchiobottismo. Per due
ore Spielberg, teorizza e sembra sposare la linea della vendetta,
dolorosa e lacerante quanto si vuole, ma sempre coerente con
l’occhio per occhio, dente per dente. Nell’ultima
mezz’ora, la prospettiva viene completamente ribaltata,
con il netto rifiuto della violenza, dell’odio, della
vendetta, del sangue che genera sangue, della faida da interrompere
prima che le conseguenze diventino devastanti – e l’immagine
finale dello skyline di New York pre-11 settembre con le Torri
Gemelle che svettano ancora orgogliose verso l’alto
è un inquietante ammonimento.
Un film sugli affetti, sul senso di appartenenza ad un nucleo
“familiare”, che puo’ essere la famiglia
nel senso stretto del termine, ma anche il proprio stato,
una ideologia nel senso più alto e nobile del termine,
un’organizzazione para-familiare. Spielberg insiste
molto su questo tasto, mettendo in scena tutte queste differenti
tipologie di unioni o affiliazioni, risultando di gran lunga
la parte più interessante dell’opera. Rimane
comunque un senso di profonda insoddisfazione nei confronti
di questa pellicola, dovuto alla mancanza di quel pizzico
di coraggio in più capace di trasformare un thriller
storico in un qualcosa di più…
[fabio melandri]
trailer
originale