Beatrix
Potter. Nessuna parentela con il maghetto quattr'occhi uscito
dalla penna della scrittrice Joanne Kathleen Rowling, ma anch’essa
scrittrice di racconti per bambini ed illustratrice capace
di popolare il mondo infantile di milioni bambini con personaggi
come il coniglietto Peter, l’anatra Jemina, il porcellino
Bland e via discorrendo.
Beatrix Potter nella realtà è stata un precursore
dell’emancipazione femminile, grazie anche al supporto
di un padre illuminato al contrario della madre che aveva
pianificato la vita della figlia immolandola alla cura della
casa e del futuro marito.
Ma Beatrix era un’anarchica con un senso dell’umorismo
sovversivo, capace di andare contro le convenzioni sociali
del suo tempo innamorandosi del curatore nonché editori
dei suoi libri, Norman Warne, un commerciante per di più
e quindi mal visto dall'aristocrazia inglese di fine Ottocento
primi Novecento.
La incarna sul grande schermo Renèe Zellwegger, che
in passato aveva già dato prova di saper tratteggiare
con umorismo ed aderenza al personaggio donne controverse
dalla post-moderna Bridget Jones,
all’arrampicatrice sociale Roxie Hart di Chicago
alla cameriera in fuga da un marito violento di Betty
Blue di Neil Labute. Qui però l’attrice
texana abbonda in smorfiette e mossettine che rendono il personaggio
bidimensionale e di plastica. La regia affidata a Chris Noonan
che aveva saputo trasformare la storia di un maialino problematico
in una incantevole favola moderna (Babe
– Maialino coraggioso) tenta di dare una dimensione
favolistica all’intera vicenda attraverso l’innesto
di animazioni che danno vita ai personaggi disegnati dalla
Potter – la parte più curiosa ed avvincente della
pellicola –.
Il tutto risulta però manieristico, a tratti gratuito,
dando la sensazione di una lavoro svogliato, frettoloso e
superficiale, anche perché la sceneggiatura affidata
al vincitore di un Tony Awards Richard Maltby Jr, creatore
di musical dalla fine degli anni 70 ad oggi (Miss Saigon su
tutti), non esce da una circolarità e prevedibilità
di costruzione risaputa che impoverisce un materiale che forse
avrebbe necessitato di una visione più magica della
vita. Un nome? Pensiamo a Tim Burton su tutti o ad un Marc
Foster, apprezzato regista di Neverland.
Resta invece
l’amara sensazione di un prodotto
confezionato ad hoc e pronto per qualche poco luminoso passaggio
televisivo. [fabio melandri]
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