Miracolo a Sant'Anna
Miracle at St. Anna
Regia
Spike Lee
Sceneggiatura
James McBride, Francesco Bruni
Fotografia
Matthew Libatique
Montaggio
Barry Alexander Brown
Scenografia
Sarah Frank, Tonino Zera
Costumi
Carlo Poggioli
Musica
Terence Blanchard
Interpreti
Derek Luke, Michael Ealy, Laz Alonso, Omar Benson Miller, Pierfrancesco Favino, Valentina Cervi, Matteo Sciabordi, John Turturro, Joseph Gordon-Levitt, John Leguizamo
Produzione
On My Own, Buffalo Soldiers in Italy, 40 Acres & A Mule Filmworks, Rai Cinema ,
Touchstone Pictures, TF1 International
Anno
2008
Nazione
USA, Italia
Genere
drammatico
Durata
144'
Distribuzione
Universal Pictures
Uscita
03-10-2008
Giudizio
Media

New York, ai nostri giorni. All’interno di un ufficio postale, un impiegato tira fuori una pistola di fabbricazione tedesca risalente alla Seconda Guerra Mondiale e fa fuoco contro un inerme avventore.
Un omicidio inspiegabile da parte di un ex veterano della Guerra, insignito di alte onorificenze, con una testa marmorea del Quattrocento fiorentino nascosta nello sgabuzzino del suo umile appartamento. Frammenti di una storia sparsi in maniera disordinata, che attraverso un lungo flashback vanno a ricomporsi molto lentamente sotto i nostri occhi, durante l’anno del signore 1944 in Toscana.
Qui seguiamo le vicende di quattro soldati americani appartenenti alla 92a Divisione “Buffalo Soldiers”, reparto dell’esercito composto interamente da afro-americani, guidati da ufficiali bianchi e razzisti, per testare le capacità belliche della razza nera in combattimento, in particolare in fanteria.
Tratto dall'omonimo romanzo di James McBride incentrato sulla strage nazista di Sant’Anna di Stazzema in cui morirono 560 civili indifesi, dove la'utore ipotizza un possibile coinvolgimento di partigiani traditori contro la verità storica he attribuisce l'eccidio alla follia terrorista nazista, Miracolo a Sant’Anna racconta la quotidianità del conflitto bellico attraverso le vicende di quattro soldati americani, persi sull’Appennino Toscano dopo una sanguinosa battaglia nella Val di Serchio lungo il Canale di Cinquale. Il sergente di brigata Aubrey Stamps Stamps, un laureato molto istruito, che ha fiducia nel Sistema americano, ma è anche deluso. E’ profondamente diviso su quale sia (o dovrebbe essere) il suo posto e quello dei neri nella società americana; Bishop Cummings, un truffatore, un gran parlatore e un donnaiolo. Non gli interessano gli uomini bianchi e non è troppo legato ai neri. L’unica cosa che lo preoccupa è se stesso; Hector Negron, operatore radiofonico, è un portoricano con la pelle scura, vive a Harlem e fa parte della cultura nera, quindi si ritrova assegnato in guerra con i soldati neri; Sam Train un sempliciotto, un omone dal punto di vista fisico. E’ analfabeta, ma non stupido, profondamente credente nelle superstizioni tipiche dei campagnoli in quei tempi.
Spike Lee più che alle vicende belliche, sembra interessato ai rapporti che in situazioni limite come un conflitto in una terra straniera, si instaurano tra uomini di diversa etnia, cultura, estrazione sociale. “Miracolo a Sant’Anna – ricorda McBride - non è mai stato scritto come una storia di guerra, ma come una vicenda su degli esseri umani che devono reagire in momenti di stress straordinario, cercando comunque di conservare la loro umanità… Si può anche dire che è un film di guerra, ma è più che altro una pellicola su un bambino ed un uomo, sugli americani e gli italiani o su un tedesco che fa la cosa giusta. E’ una pellicola che parla del miracolo dell’amore tra gli esseri umani e delle scelte che compiono quando devono confrontarsi con delle avversità enormi”. Punto di vista sposato completamente dal regista Spike Lee: “Quattro uomini rimangono bloccati dietro alle linee nemiche e fanno amicizia con un giovane ragazzino italiano ferito e sconvolto. Si ritrovano in un piccolo villaggio, con dei paesani che non hanno mai visto prima persone di colore. Così, si parla del modo in cui superano queste barriere, culturali e linguistiche, e cercano di allearsi per resistere all’imminente attacco nazista”.
La diffidenza, l’ostilità, un malcelato razzismo che serpeggia tanto nelle linee tedesche quanto in quelle italiane e statunitensi, sono elementi che giocano un ruolo trainante e funzionale alla storia diegetica, che si interseca con la storia dalla S maiuscola, in cui viene narrata la lotta partigiana di liberazione, attraverso il personaggio interpretato dal sempre più bravo Pierfrancesco Favino, nei panni del partigiano Peppi Grotta, un uomo giovane, ma molto riflessivo, come lo descrive McBride, che dopo essere stato testimone di tante atrocità, subisce un cambiamento e diventa uno dei più spietati, intelligenti e ricercati partigiani in circolazione. Sebbene non mostri nessuna pietà verso i suoi nemici, è una persona equilibrata, profondamente gentile e che combatte per la sua patria, non per uccidere i tedeschi, ma i nemici. Peccato che non lo si sia approfondito maggiormente.
Il registro narrativo scelto dal filmaker americano è quello di un realismo fantastico, miscelando senza soluzione di continuità realismo storico con scatti nel campo dell’immaginifico, della fantasia, dell’irrealtà condito da coloriture a tratti religiose, in altre superstiziose. Purtroppo i due registri mal si miscelano l’uno nell’altro per troppo insistenza su dettagli o aspetti che invece andrebbero lasciati, come dire, sospesi a germogliare. La durata eccessiva del film non aiuta insieme ad una sovrabbondanza di personaggi che entrano ed escono dal film come nella hall di un grande albergo della Quinta Avenue (uno su tutti quello interpretato da John Leguizamo).
Un film imperfetto, raramente coinvolgente, che ha suscitato diverse polemiche in ambienti partigiani, ma che segna solo l’antipasto in attesa de Il sangue dei vinti di Michele Soavi prossimamente sugli schermi ed in anteprima al Festival Internazionale del Film di Roma. [fabio melandri]