Michael
Clayton è uno sciacallo, uno “spazzino”,
una sorta di risolutore che lavora per uno dei più
grandi studi legali di New York dove si fa carico dei casi
più sporchi dei propri clienti, dalle omissioni di
soccorso agli scandali giornalistici alla corruzione dei politici.
Ex pubblico ministero, nato in una famiglia di poliziotti,
con un divorzio alle spalle e una montagna di debiti per la
sua mania per il gioco d’azzardo e un’avventura
imprenditoriale finita male, Clayton non è certo felice
del suo sporco lavoro ma non ha molta scelta. Non può
tornare a fare l’avvocato, pur essendo considerato da
tutti bravo, perché nel suo campo è indispensabile
al suo studio legale e soprattutto il migliore. Chiamato a
risolvere uno dei soliti casi spinosi che gli vengono affidati
si troverà coinvolto suo malgrado in un gioco molto
più grande di lui e dovrà scegliere se continuare
ad essere quello che tutti vogliono che sia o per una volta
fare la cosa giusta e ritrovare la propria identità…
Scritto e diretto da un maestro dell’intrigo come Tony
Gilroy, sceneggiatore della trilogia di Bourne e di L’avvocato
del diavolo, qui al suo esordio come regista, Michael
Clayton è senza dubbio un robusto ed efficace
legal thriller in cui si vanno a scandagliare le fondamenta
di quelli che sembrano essere ormai i principi fondamentali
di tutti gli studi legali: il denaro e la completa assenza
di verità. Non è tanto la menzogna quanto l’insabbiamento
della verità su cui si regge la politica della legge
americana.
Sotterfugi, inganni, perfino l’omicidio. Tutto è
lecito in nome della legge. Se poi in ballo ci sono miliardi
di dollari non ci preoccupa certo della vita ormai inutile
di un grande avvocato colto da esaurimento nervoso e che in
un momento di lucida “follia” vuole rivelare a
tutti il marciume che si cela dietro la facciata cristallina
del business americano. L’ispirazione per scrivere e
poi dirigere Michael Clayton
è venuta al regista durante i sopralluoghi compiuti
presso alcuni importanti studi legali di New York durante
la stesura della sceneggiatura di L’avvocato
del diavolo. Ricorda Gilroy: “Girovagando per
quegli enormi studi di New York, sono rimasto colpito da quante
cose succedessero dietro le quinte. Ogni studio legale ha
un enorme dipartimento che lavora “dietro le quinte”
24 ore al giorno per far sì che tutto funzioni alla
perfezione. Qualcuno mi ha parlato di uno studio legale impegnato
in un causa importante che è andata avanti per circa
dieci anni e quando sembrava che ormai il caso fosse chiuso,
con la vittoria dello studio in questione e un risarcimento
pattuito di circa un miliardo di dollari, due giorni prima
della firma ufficiale dell’accordo, alle quattro del
mattino, un giovane avvocato entrato di recente nello studio
anni trovò un documento del quale nessuno era a conoscenza.
Si trattava di un documento molto negativo che avrebbe portato
ad un totale capovolgimento della situazione. Naturalmente
quel documento non vide mai la luce del giorno e quel nuovo
socio ebbe la promozione più veloce e più memorabile
della storia.”
Un film classico, come quelli che si vedevano una volta, magari
con Robert Redford protagonista, con un finale rassicurante
e un Clooney ben stropicciato e in parte. A produrlo oltre
alla solita coppia vincente Clooney-Soderbergh, anche Anthony
Minghella e Sidney Pollack, che si ritaglia il ruolo di Marty
Bach, cofondatore dello studio per cui lavora Clayton.
[marco catola]