Quando
i Campbell si trasferiscono nel Connecticut, apprendono immediatamente
che la loro bella casa vittoriana ha una storia inquietante:
non solo in passato era una camera mortuaria dove accaddero
incredibili fatti, ma scoprono che il figlio chiaroveggente
del proprietario – Jonah – si prestava da messaggero
demoniaco, fungendo da “ingresso” al passaggio
di spiriti sinistri. Un terrore inenarrabile si presenta quando
Jonah ritorna per scatenare nuove paure, questa volta nell’innocente
e ignara famigliola.
L’inizio è puramente meta cinematografico. Virgina
Madsen seduta in controluce, ripresa attraverso un monitor
dove fa la sua comparsa un ciak. Siamo sul set di un film
o di un documentario?
La domanda ha un fondamento, visto che sin dai titoli di testa
si tende a sottolineare come la storia sia ispirata a fatti
realmente accaduti: nel 1987, una manifestazione di spiriti
particolarmente inquietante si è verificata nella città
di Southington, in Connecticut, presso una famiglia che si
era appena trasferita in una casa a lungo disabitata nella
Meriden Avenue. Subito dopo il trasloco, i membri della famiglia
avevano scoperto un piccolo cimitero sul retro, una camera
d’imbalsamazione nel seminterrato e cassetti pieni di
terribili fotografie di cadaveri: la loro casa era stata una
camera funeraria nei lontani anni Venti. Il paranormale era
così entrato nella loro vita: strani suoni, cambi di
temperatura, la visione di figure misteriose così intense
e frequenti da portarli quasi alla pazzia.
Poteva essere l'ennesimo fondo di magazzino, sparato dalla
distribuzione ad inizio stagione, in piena estate, tanto per
togliersi il pensiero, ed invece Il Messaggero, meglio il
titolo originale The Haunting in Connecticut,
è una piacevole sorpresa capace di trsmettere quei
brividi che l'afa di qiesti giorni rende le giornate insopportabili.
Diretto con mani sicura dal debuttante Peter Cornwell, autore
di un pluripremiato cortometraggio di animazione horror Ward
13, di cui gli spettatori più attenti potranno
visionare durante il film alcune immagini che scorrono sullo
schermo di un televisore in ospedale, Il
Messaggero si riallaccia alla gloriosa tradizione del
gotico americano, omaggiando classici del genere come Shining
di Kubrick – una porta + un’accetta, ricordate
qualcosa? – o L’esorcista
di William Friedkin, puntando tutto su un’estetica classica
nella sua rappresentazione ma non priva di spunti originali
e intelligenza di messa in scena; tutto, salvo rare eccezioni,
è equilibrato nelle sue componenti psicologiche, narrative,
orrorifiche.
Ruolo di vitale importanza è l’utilizzo filmico
della Casa, vero personaggio aggiunto della pellicola, con
i suoi cunicoli, tramezzi, corridoi, seminterrati e camere
dell’orrore che funge da medium attraverso il quale
le due linee narrative intorno a cui il film si costruisce
– il passato ed il presente - vengono a contatto, contaminandosi
inesorabilmente fino alla drammatica conclusione.
Virgina Madsen si conferma ancora una volta a sua agio nel
genere horror (eccellente prova al pari del famoso Candyman),
il giovane Kyle Gallner nel ruolo di Matt trasmette un senso
di instabile inquietudine e follia incontrollabile che ricorda
– blasfemia? – il Jack Nicholson dell’Ovelook
Hotel, mentre Elias Koteas nei panni del reverendo Popescu,
disegna un uomo di fede indebolito nel corpo e nella mente,
fallace come ogni uomo, seppur di Dio, ma capace di rimediare
dove possibile ai suoi errori. [fabio
melandri]