Partendo
da una Trinità umanizzata in chiave post 11 settembre
- Tony Childress, un regista indipendente che interpreta il
ruolo di Gesù Cristo nel suo nuovo film “This is
my Blood”, Marie Palesi, attrice di talento che ricopre
il ruolo di Maria Maddalena, e Ted Younger, giornalista televisivo
che conduce un programma sulla vita di Gesù -, Ferrara
si insinua per l’ennesima volta nelle piaghe insane della
spiritualità. Sua e di tutti gli uomini. In un mondo
senza redenzione e senza fede. Tra crisi esistenziali, illuminazioni
divine e perdita di ideali. Che Ferrara sia cattolico o meno
poco importa. Il suo film parla di spiritualità. Di come
l’interpretazione di un ruolo fittizio abbia ripercussioni
sulla vita reale proprio in virtù di una immedesimazione
spirituale. Di come di fronte alla tragedia personale riemerga
prepotente la necessità di appellarsi a qualcosa di più
grande di noi. Di come il destino incomba senza lasciare scampo
a chi si ostina a non credere in un sistema ultraterreno. E
da qui la Trinità di Ferrara si sfalda. Marie a fine
riprese decide di non tornare a New York ma di raggiungere il
Santo Sepolcro a Gerusalemme. Tony, alla prima del suo film,
si chiude dentro al cinema svuotato dalla minaccia di un attentato
e inveisce contro il mondo cattolico. Ted si rivolge a Dio e
lo supplica di prendere se stesso al posto del figlio neonato
in fin di vita. Ma non ci sono risposte. Non si cerca di spiegare
l’intellegibile. Il Cristo resta inchiodato alla croce,
le bombe continuano a scoppiare, gli innocenti a morire. A metà
tra Il vangelo secondo Matteo di
Pasolini e L’ultima tentazione di
Cristo di Scorsese. Abel Ferrara e il suo Dio. Abel Ferrara
e il suo spirito. Abel Ferrara e il suo mondo. Solo suo.
[marco catola]
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