“La
gente si lamenta delle cose che vede in televisione perché
non sa le cose che non vede.” Queste le parole di Katy
Coubert (Eva Mendes) rampante manager chiamata a sollevare
le sorti e soprattutto gli indici di ascolto del network televisivo.
Per farlo si affida ad un nuovo reality show che a discapito
del suo titolo Live! È uno spettacolo incentrato sul
tema della morte attraverso l’antico gioco (?) della
roulette russa. 6 concorrenti, 5 milioni di dollari di premio
a chi rimarrà vivo, un solo proiettile mortale. Il
successo è assicurato. In fin dei conti “Pensateci,
dal Colosseo romano, dove c’erano solo posti in piedi…
alle folle a Parigi che venivano a vedere la ghigliottina,
gli uomini sono sempre stati affascinati dalla morte e, cosa
più importante, dal fatto di assistere alla morte.”
Questo è lo show business gente, dove puntando forte
sul quinto emendamento – la libertà di parola
ed espressione - la barriera del Limite viene poco alla volta
spostato sempre più in avanti fino a quando non si
perde il controllo di tale limite, come suggerisce il finale
della pellicola.
Live!Ascolti record al primo colpo, potrebbe sembrare quasi
un film di fantascienza a sentirlo raccontare. Ma dopo la
sua visione, appare assai meno inverosimile di quanto uno
potrebbe aspettarsi. Realizzato dal vincitore di due Oscar
nella categoria corti documentari Bill Guttentag, Live! è
costruito attraverso il linguaggio di un falso documentario,
una sorta di dietro le quinte la realizzazione del programma
televisivo. L’obiettivo dichiarato è quello di
creare un maggior senso di identificazione tra pubblico e
pellicola, cercando di ricreare quell’immediatezza di
azione/reazione che solo il mezzo televisivo può darti
grazie all’uso della diretta (Live in inglese, appunto).
Obiettivo parzialmente raggiunto perché se da una parte
il film è una spirale che avvolge da prima in maniera
scettica e distaccata per giungere al massimo coinvolgimento
nel finale della messa in onda dello show, dall’altra
soffre di una fastidiosa morale di fondo, esplicitata dal
rapporto tra la producer ed il regista del finto documentario
che corre parallela alla linea narrativa principale del film.
Fino ad arrivare ad un ribaltamento di ruoli e valori facilmente
prevedibile. Nonostante questo, il film nel suo complesso
funziona ed appassiona. Incredibile, ma vero... [fabio
melandri]