Nel
1969 un gruppo di giovani si dà all’oppio dopo
aver vissuto da protagonisti nelle strade e nei luoghi di incontri
e dibattiti il 1968. In seno a questo gruppo sboccia un amore
folle tra due ragazzi, un poeta ed una scultrice.
Philippe Garrell discepolo di Godard e Truffaut, racconta una
storia per nulla originale attraverso uno stile personale estremo
se non militante. Per almeno un’ora in un rigido bianco
e nero ci immergiamo nelle strade calde di Parigi nel 1968,
viviamo gli scontri tra poliziotti e dimostranti in prima linea,
quasi con uno stile documentario se non fosse per quei lunghissimi
momenti morti della narrazione che il regista dilata il più
possibile, tanto da estendere la durata del film a quasi tre
ore di proiezione. Siamo lentamente introdotti all’interno
del gruppo di ragazzi da cui poi trae origine il vero nocciolo
dell’opera, ovvero l’amore assoluto, tra due giovani,
un poeta idealista che seguirà il suo sogno sino al fallimento,
ed una giovane scultrice che hai sogni preferirà la pragmaticità
della realtà. Un amore fatto di piccoli gesti, lunghe
passeggiate, narrate in uno stile che non lascia nulla allo
spettacolo, inducendo ad una profonda riflessione per ogni minimo
atto, seppur infinitesimale accadimento che vede protagonisti
i due ed il gruppo amicale che gli si forma intorno.
Una sorta di The Dreamers francese,
desautorato di ogni tentazione ludica, con uno degli stessi
protagonisti dell’opera bertolucciana, Louis Garrell figlio
del regista, ma assai più radicale e se vogliamo convincente.
Un opera che richiede uno sforzo non indifferente per lo spettatore
che vi decide di avvicinarsi; sforzo di pazienza – si
consigliano poltrone comode e riserva di liquidi brevi mano
– e di impegno a tenere alta la concentrazione per cogliere
gli innumerevoli dettagli e particolari di cui la storia si
va a comporre sotto i nostri occhi. Un’opera difficile
per un modo di fare cinema che personalmente non condividiamo
ed apprezziamo, ma a cui va riconosciuta un’originalità
e coerenza che vanno ad oltranza difesi e salvaguardati. Leone
d’Argento per la migliore regia e Osella per il migliore
contributo tecnico al Direttore della Fotografia William Lubtchansky.
[fabio melandri]
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