Classificabile
all’interno di quella redditizia categoria denominata “family
movie”, questo Lemony Snicket può
essere considerato quasi una versione dark di Harry
Potter. Più cattivo, più terrificante, insomma
più horror! Vorrei ma...
Lemony Snicket è un curioso mix i cui ingredienti variano dalle
fiabe gotiche dei fratelli Grimm ai racconti morali di Roald Dahl,
in un’ambientazione di dickensiana memoria colorata da macchine
e stramberie moderne alla Wild Wild West.
La storia è presto detta: i fratellini Baudelaire, rimasti
orfani a causa di un misterioso incendio, vengono affidati di volta
in volta a tutori e o parenti che finiscono l’uno dopo l’altro
vittime di una serie di sfortunati eventi. Un cammino verso la maturazione
osteggiato da parenti serpenti, sanguisughe carnivore, laghi lacrimosi,
una compagnia ambulante di freak e tutto quanto possa venire fuori
da un mente brillantemente immersa in uno stato di perenne e fanciullesca
sindrome di Peter Pan.
Se pensato per un pubblico adulto, con alla regia magari un Tim Burton,
il film avrebbe potuto scoprire interessanti geometrie narrative e
spunti horror, ma ahimè rimane un prodotto prevalentemente
per bambini con un susseguirsi di eventi dall’esito prevedibile,
in cui fanno bella mostra di se scenografie, trucchi ed effetti speciali.
Un film che punta forte sull’interpretazione volutamente sopra
le righe e ridondante di un immenso Jim Carrey che dopo Il Grinch
ci offre un’altra interpretazione gioiosamente crudele. Il suo
conte Olaf è costruito sulle stesse movenze e sguardi della
Norma Desmond di Viale del Tramonto –
vedi l’entrata in scena sulla scalinata – ed è
la cosa più gustosa e divertente del film, che da parte sua
stenta a decollare sul piano narrativo, impedendo qualsiasi tipo di
affezione nei confronti dei personaggi in campo. Una pellicola che
corre sul filo della noia in uno sterile esercizio estetico, in una
noiosa galleria di effetti speciali, in un mix di già visto
e già sentito di cui non si sentiva assolutamente il bisogno
e la necessità. [fabio melandri]