Lebanon
id.
Regia
Samuel Maoz
Sceneggiatura
Samuel Maoz
Fotografia
Giora Bejach
Montaggio
Arik Leibovitch
Scenografia
Ariel Roshko
Costumi
Hila Bargiel
Musica
Nicolas Becker
Interpreti
Itay Tiran, Michael Moshonov, Oshri Cohen, Yoav Donat, Zohar Strauss
Produzione
Metro Communications, Paralite Productions
Anno
2009
Nazione
Israele
Genere
guerra
Durata
93'
Distribuzione
BiM Distribuzione
Uscita
23-10-2009
Giudizio
Media

La guerra vista da un carro armato diventa un universo confuso dove il mondo esterno è fatto di rumori e bersagli.
Seguiamo le vicissitudini di un gruppo di impreparatissimi soldati israeliani durante il conflitto libico. Dentro il blindato per forza, non abbandonano mai il loro mezzo e noi con loro ne condividiamo la claustrofobica corazza e l'ignoranza rispetto a quello che accade intorno ad essa fino alla conclusione floreal-mortifera. Un film che lascia poche speranze nonostante il luminoso fondale finale.
Lebanon è reduce da una vittoria (meritata oppure no, chi scrive non ha modo di saperlo) in quel di Venezia ed è il secondo, in poco tempo, dedicato alla guerra in Libano - l'altro era Valzer con Bashir -, ma dove il secondo puntava a riflettere sul rapporto con il passato e con la propria memoria storica del vissuto, questo sembra voler proporre e sfruttare, almeno parzialmente, i linguaggi del videogioco per far vivere allo spettatore, qui e ora, l'esperienza e l'angoscia della guerra. Linguaggi dei videogiochi che, almeno fino ad ora, erano appannaggio esclusivo del cinema americano.
È presto per dirlo, ma forse la cinematografia israeliana è di fronte a qualcosa di equivalente a ciò che accadde al cinema italiano del dopoguerra, a quello francese degli anni sessanta e a quello di Hollywood dei primi anni settanta.
Come si dirà “nuova ondata” in ebraico? [davide luppi]

NOTE DI REGIA: Samuel Maoz

Il 6 giugno 1982, alle 6:15 del mattino, uccisi un uomo per la prima volta nella mia vita. Non lo feci per scelta, né perché mi era stato ordinato. Fu un'istintiva reazione di autodifesa, un gesto privo di motivazioni emotive o intellettuali, dettato solo dal primordiale istinto di sopravvivenza che non prende in considerazione fattori umani, un istinto che si impone in una persona che si trova di fronte a una tangibile minaccia di morte. Il 6 giugno 1982 avevo 20 anni.

Venticinque anni dopo quella infelice mattina che inaugurò la prima Guerra del Libano, ho scritto la sceneggiatura del film Lebanon. Mi ero già cimentato prima con il contenuto, ma ogni volta che iniziavo a scrivere, l'odore della carne umana carbonizzata riaffiorava nelle mie narici e mi impediva di continuare. Sapevo che quell'odore evocava scene indistinte che avevo sepolto nel profondo della mia mente. Dopo anni di trauma passivo e di violenti attacchi di rabbia, avevo imparato a identificare quel momento sinistro e a sfuggirvi in tempo. Meglio vivere nella negazione che non vivere affatto.

Il 2006 fu un anno particolarmente difficile. Erano passati cinque anni dal mio ultimo progetto e mi sentivo svuotato. Ogni tanto producevo uno spot pubblicitario o un breve filmato promozionale, ma a parte questo, il nulla. Ancora una volta, subivo la pressione economica, la mia passività e un'esasperante mancanza di responsabilità. Una volta qualcuno mi chiese: “Come va con il trauma post-bellico? Ti capita di avere degli incubi quando ti torna in mente la guerra?” Magari fosse così semplice, pensai tra me e me.

Quando senti di non aver nulla da perdere, sei disposto a correre dei rischi. Era così che mi sentivo all'inizio del 2007, quando ho iniziato a scrivere la sceneggiatura di Lebanon. Avevo toccato il fondo e avevo deciso di raschiarlo. Questa volta, pur volendo fuggire dall'odore che come al solito si manifestò all'inizio, gli permisi di condurmi verso le scene indistinte, le misi a fuoco, mi ci immersi e le affrontai. All'improvviso provai conforto e uno strano senso di euforia. Non ero ancora del tutto perduto! Avevo ancora uno spirito battagliero! Andai a letto presto e il mattino seguente mi alzai e mi misi a scrivere.
Fui prudente, non affrontai l'argomento in modo diretto, ma girandoci attorno, scrivendo un'introduzione, sondando qua e là … Aspettai l'odore, ma non arrivò. Mi ritrovai a esercitare degli sforzi graduali per recuperarlo nella mia memoria, ma non c'era più. Anche le scene erano scomparse. Restava solo una vaga progressione di eventi difficili, spaventosi e particolarmente lontani. Dopo circa una settimana, mi resi conto di essere diventato emotivamente distaccato. Il ragazzo dei miei ricordi non ero più io. Provavo dolore per lui, ma era un dolore sordo, il dolore di uno sceneggiatore affezionato a un personaggio di cui sta scrivendo.
Non mi importava capire se ero guarito o se stavo semplicemente battendo il record mondiale della negazione. Ero sommerso dall'adrenalina e mi sentivo come un missile tremante sulla rampa di lancio un istante prima del decollo. Avevo steso la prima bozza della sceneggiatura nell'arco di tre settimane.

Questa breve esperienza di scrittura è stata come un elettroshock per me, una scossa che mi ha risvegliato da una lunga ibernazione e ha resettato tutti i miei interruttori. Sangue nuovo è fluito nelle mie vene. Ero concentrato. Ero anche dispiaciuto per il tempo che avevo perduto, ma non ho lasciato che questo mi turbasse. Mi sono interamente dedicato al mio progetto e lui in cambio mi ha riabilitato – un anno di scambi reciproci in cui entrambe le parti sono emerse a testa alta! Uno splendido accordo di lavoro di cui sono fiero ancora oggi, perché il frutto che ne ho ricavato è me stesso.

Abbiamo iniziato a girare le complesse scene di guerra: fiamme, sangue, spari, esplosioni. Volevo accelerare da zero a cento per inondare la troupe con la mia adrenalina! Tutto procedeva secondo i piani. Il primo giorno di riprese ero di ottimo umore e la fiducia nelle mie capacità abbondava. La sola cosa che mi turbava era un dolore acuto nel piede sinistro. Alla fine del secondo giorno il piede si era gonfiato. Ricordo che dissi a me stesso che dovevo essere fuori forma dopo tanti anni sprecati. Ma alla fine del terzo giorno, riuscivo a stento a camminare. Mi trascinavo zoppicando da un posto all'altro, con il dolore che mi trafiggeva la carne. Venne sul set un dottore e mi disse che avevo un'infezione molto aggressiva. Presi una doppia dose di potenti antibiotici e mi addormentai, ancora dolorante, ma completamente stordito.

Venerdì: dodici ore di sonno ininterrotto. Il dolore era scomparso. Diedi un'occhiata al mio piede e vidi che sanguinava leggermente, ma che non era più gonfio. Accanto ad esso c'erano cinque piccoli frammenti di shrapnel, l'ultima testimonianza della Guerra del Libano che il mio corpo aveva improvvisamente deciso di espellere dopo 24 anni. Un'appropriata conclusione al mio intenzionale processo di auto guarigione. Gettai le schegge di metallo nella spazzatura e mi sedetti a fare un'abbondante colazione…